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Parliamo di un film turco del 2009 diretto da Zeki Demirkubuz, regista con qualche trascorso importante (passaggio a Venezia nel ’97) che ha, per fortuna, un occhio di riguardo nei confronti del cinema che fa. Un po’ lo si capisce dalla messa in scena e dal dosaggio delle luci, mentre l’altro po’ può essere ricondotto ad una sequenza interna a Kıskanmak, quella in cui Mükerrem assistendo alla proiezione di un film insieme ad altri compaesani, nel buio si fa toccare dal ragazzino con il quale aveva ballato qualche giorno prima; galeotta fu la sala, galeotto è il cinema.
Non ci troviamo di fronte ad una pellicola dalle grandi mistificazioni, tutt’altro: i concetti trattati sono proprio quelli base, sentimenti che stanno alle fondamenta di tutte le storie: passione, amore e gelosia, proprio quest’ultimo aspetto ha, nella sfaccettatura dell’invidia, l’onere di assumersi come titolo dell’opera. Si tratta di un’invidia multidirezionale ma che ha un’unica fonte: Seniha, la tetra protagonista. Già l’incipit ce la mostra in disparte durante il gran ballo, nel prosieguo della vicenda capiamo che questa sottile malevolenza mascherata senza buon esito è un peso che negli anni l’ha schiacciata, abbruttita, rabbuiata, e quindi il tradimento della cognata rappresenta l’occasione per riabilitarsi, per appaiare la sua posizione a quella di Mükerrem nel cuore del fratello.
Il regista dà il meglio di sé durante le riprese notturne in cui le due donne sembrano spiriti neri appartenenti all’oscurità. Buona l’idea di affidarsi alla parentesi ellittica (mostrata soltanto dopo) che cela il climax della storia.
In definitiva un film ordinario che non sconvolgerà la vostra visione – ammesso che lo vediate mai – ma nemmeno sottrarrà indebitamente il vostro tempo. Forse l’atmosfera d’epoca leggermente ingessata non permette quella catarsi emotiva che gli eventi sullo schermo potenzialmente avrebbero. Da provare senza grandi aspettative.
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