Magnifico messer Matteo,
ritorno oggi a Fiorenza da un viaggio che mi ha tenuto nella città del nostro amato Pontefice Santità Sua.
Informato da messaggeri e corrieri delle magnifiche opere che si vanno compiedo nella nostra città, ho lasciato il bagaglio in casa e lesto sono corso in Piazza della Signoria vostra illustrissima, per godere finalmente delle opere organizzative e strutturali che voi, messere, avete adoprato.
Per far più lesto mi sono servito di uno di quei mezzi di trasporto moderni che vanno a elettricità e non inquinano: il C2. Ho aspettato solo poche decine di minuti perchè arrivasse alla fermata stabilita e quivi mi sono imbarcato. Ma dopo qualche giro di ruota il mezzo si è fermato per un ostacolo: uno di questi automezzi giganteschi, che chiaman SUV, giaceva su un marciapiede impedendoci il passaggio. Allora, smanioso di venirvi a salutare, sono sceso e ho cercato il velocipede che avevo lasciato in catena a un ferro per cavalli al palazzo de’ Pucci, ma ivi più non v’era (son sicuro, per opera di qualche straniero quivi rifugiato). E così son corso a piedi: per questo motivo sono arrivato un po’ in ritardo; voi eravate già a desinare e non ho disturbato.
Ma ho girellato nella Piazza sorpendendomi – proprio come la primiera volta – davanti alle munifiche opere d’arte del nostro Michelangiolo e del GIambologna e dell’Ammannati, così luminose al crepuscolo.
E poi ho visto la nuova opera, frutto dell’ingegno vostro, Magnifico, e della moderna arte di progettare instrumenti utili eppur bellissimi: il fontanello di acqua gasata, che direi magnifico se questo epiteto non fosse per voi di esclusivo encomio. Quale idea portentosa distribuire la sorella acqua addizionata di anidride al popolo assetato! Quale vanto essere suddito di tale illuminata gestione della signoria, che non lesina sulle opere che ci sollevano dal sudore e dalla fatica. Quale meraviglia vedere a pochi metri dalla fontana di Baccio Bandinelli il nuovo fontanello di Publiacqua.
Ci vole un occhio accorto e sveglio come il vostro, Magnifico Matteo, per custodire la bellezza di questa città. Ben mi sovviene di come il vostro fido consigliere, messer Da Empoli, impedì l’allestimento di un’esposizione di sculture contemporanee. Quale orrore sarebbe stato, Magnifico, per la nostra città, seppure trattavasi di mostra temporanea! Bene ha fatto ad apostrofare, il consiglier vostro, come “marchettara” la femmina scultrice che ha ardito proporre tale scempio. Tragga esempio, la disonorata, di come solo un occhio arguto come il vostro, e il dono che vi vede tanto sensibile al bello, possa preservare il giusto e lo splendore. Un casottino in ferro, stile liberty (come un dolce stil novo vol proporre), permanente, sicchè a niuno venga in mente di poterlo un giorno trasportare in altro loco museale, e collegato all’energia elettrica, acciocché dispensi bevande ricche e stimolanti; con marchi esposti in tutti e quattro i lati, sicchè si abbia marca dello ingegnere che compì l’opera e mai sia da intendersi come opera di mercimonio, come invece la marchettara intedea sicuramente fare. Questa, Magnifico, è lungimiranza e modernità. Questa è la contemporaneità che ben si addice, a voi e al vostro consigliere.
E tosto il pensiero mi è andato alla vostra immagine luminosa, quando vi ho visto, Magnifico Signore, mirare i fochi di San Giovanni, dal maestoso palco per voi allestito sul Lungarno. Quando fori, in su i viali, pulmann Graturismo in doppia fila scaricavano orde di turisti giapponesi. Quelle faville dei fochi, splendeano pur nei vostri occhi. Amato signore, voi siete il più amato e a ben ragione. Voi si che sapientemente sapete offrire festa al popolo nel giorno più importante, del nostro adorato Giovanni Santo Protettore.
Nella città vaticana, o mio Signore, dopo pochi giorni ho vissuto una analoga competizione: i Santissimi Apostoli si festeggiavano, nel giorno ventinovesimo del mese. Ma ivi la signoria locale ha offerto musica popolare: Il Requiem di Mozart, mio Signore. Come si può, Magnifico, cadere in tale errore? Una festa è un festa, voi lo sapete: mentre loro sonan requiescat in pacem, voi feste sapete dare, e pane! Voi sapete dare fochi ed acqua. Foco e acqua, mio Magnifico: voi sì che date la vita!
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