di Simone Provenzano
Si può mantenere un equilibrio psicologico?
Partiamo dal presupposto che la mia visione del mondo presuppone che la società che noi stessi abbiamo costruito, con la sua organizzazione, tende a scompensare inevitabilmente la psicologia dell’essere umano.
È un po’ come dire che ci troviamo continuamente ad avere a che fare con una bilancia a due braccia con pesi diversi. Per mantenerla in equilibrio non possiamo far altro che aggiungere e togliere continuamente peso sopra i due piatti.
Un equilibrio dinamico, in divenire. Niente stabilità statica, è il movimento a garantirci l’equilibrio.
A ben vedere questa concezione della vita psichica ci viene raccontata con parole diverse da sempre. Quante volte ci siamo sentiti ripetere che chi si ferma è perduto piuttosto che non ci si deve assolutamente sedere sugli allori.
È così!
Così ogni traguardo diventa un nuovo inizio, ogni conquista diventa il punto di partenza per un nuovo viaggio.
Così ci adattiamo alla realtà che ci circonda. Adattamento: chiave della salute psichica.
Ma non sempre siamo capaci di adattarci, non sempre riusciamo a mantenere l’equilibrio. Possiamo realmente capire il mondo, mantenerci in equilibrio ed adattarci ad esso?
Facciamoci aiutare da tre luminari: Immanuel Kant, Konrad Lorenz e Peter Munz.
Kant era un filosofo e ci viene in aiuto su questo argomento nella critica alla ragion pura. In questa opera Immanuel ci spiega i limiti della ragione pura. Cioè il fatto che all’interno della nostra mente esistano delle categorie di pensiero innate attraverso le quali vengono filtrate tutte le impressioni della realtà che ci derivano dai sensi. Detto in due parole è come se indossassimo degli occhiali con lenti gialle che ci fanno vedere tutto un po’ giallognolo. Quindi possiamo dire che alcune volte non ci adattiamo alla realtà che ci circonda perché la viviamo e percepiamo in modo distorto/filtrato?
Non lo so!
Quello che so è che a Lorenz gli stava sulle palle il fatto di essere l’unico animale che si era evoluto senza la capacità di avere una percezione funzionale della realtà. Quindi si rimboccò le maniche e scrisse un bell’articolo in cui spiegava che le categorie di pensiero immaginate da Kant non fossero innate. Un salto semplice, forse dettato dal fatto che Konrad, a differenza di Immanuel, non era un filosofo ma un biologo. Un salto che lo portò a considerare quelle categorie di pensiero sottoposte alla legge evoluzionistica e quindi anche all’adattamento. In pratica ci spiega amorevolmente che le categorie kantiane di pensiero, attraverso le quali noi elaboriamo le informazioni sul mondo e ci permettiamo di adattarci ad esso, non piovono dal cielo già fatte, ma piuttosto sono il risultato di un processo evolutivo che seleziona le immagini del mondo che sono più vicine alla realtà!
Quindi c’è ancora speranza! Abbiamo al nostro interno la possibilità di trovare quel benedetto equilibrio e adattarci al nostro ambiente per trarne soddisfazione.
E veniamo a Munz. Peter era principalmente uno storico, anche se si dilettava in filosofia decisamente bene. Non è molto conosciuto qui da noi in Italia. Eppure tra i suoi pensieri ce n’è uno che è meraviglioso e che cade a pennello per la nostra discussione. Opera una sintesi, ci offre una visione ed una soluzione.
Secondo lui ogni organismo è una teoria incarnata relativa all’ambiente con il quale esso interagisce.
Fantastico! È un po’ come dire che io sono la miglior spiegazione dell’ambiente in cui vivo. È un po’ come dire che Kant è stato bravo a farci vedere che indossiamo degli occhiali. Che Lorenz ci ha detto che gli occhiali li abbiamo scelti noi. Poi arriva Munz e ci spiega che noi siamo gli occhiali, che la realtà stessa è gli occhiali.
Ma allora possiamo stare in equilibrio! Possiamo adattarci al mondo, perché noi siamo il mondo. Possiamo capire il mondo, perché siamo il mondo. Capite quali sono le implicazioni?
Siamo davvero fatti della stessa materia delle stelle.
E a me questo mette di buonumore.
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