cicoria selvatica
Il territorio di Partinico, come tutti i territori di questo mondo, è ricco di varie forme di vita e, molto spesso, di piante commestibili di cui la natura ci fa dono. Molte di queste non le conosciamo, perchè vivendo di consumi da supermercato, abituati a trovare tutto pronto e distaccati sempre più dalla conoscenza di ciò che ci circonda, a cominciare dalle cose che sono sotto il nostro naso, il mondo più reale e utile ci diventa estraneo e fonte di fatica. Ma da secoli, esperti della terra e raccoglitori d’erbe, ci danno un esempio alternativo. Nel senso culturale, umano ed antropologico. Sono gli emarginati dalle mani pietrose e dai volti scavati. Segnati dal tempo e dalle intemperie.
Costituiscono per noi una minoranza in estinzione di cui ci parlava, cinquant’anni fa, Dolci nei suoi Racconti siciliani. Esperienze di sopravvivenza che li spingeva ad avere un contatto materiale con la terra e con le erbe spontanee che essa produce. Ancora oggi questi interpreti curiosi dei nostri bisogni di ritorno alla natura, le vanno a raccogliere, vendendole, poi, lungo il corso dei Mille. Non le troveremo mai nei mercati ortofrutticoli o, peggio ancora, nei supermercati affollati di panettoni. Li troviamo per strada, negli angoli quasi nascosti del paese. Sbirciamo passando in macchina ignari di quei prodotti con poteri terapeutici, come nel caso della “cicuriedda ri muntagna”, dei “giri”, o dell’origano nuovo. Non credo di esagerare se dico che si tratta di una categoria di lavoratori che meriterebbe di essere incentivata, sorretta dai pubblici poteri. Se non altro per il servizio che rende alla popolazione e per l’idea che ci dà di fondare su questo campo una vera e propria impresa commerciale. Cosa che sarebbe facile attuare se non fossimo un po’ privi di fantasia.
Il prof. Bernardo Inghilleri ne ha schedato una vasta gamma, e noi, per fare cosa utile a tutti, ma anche per indicare una via da percorrere a impatto ambientale zero, ne riportiamo una silloge che egli ha preparato: