Ha fatto scalpore - qualche giorno fa - la dichiarazione del premier Erdoğan: che se l'è presa rabbiosamente contro twitter, considerato e definito una minaccia e anche peggio e facendo presagire l'introduzione di severi controlli. Anche in questo caso, bisogna mettere le sue parole in prospettiva: perché chi parla di dittatura o autoritarismo è completamente fuori strada. Innanzitutto, Erdoğan se l'è presa con twitter e con i social media per un motivo ben specifico: la disinformazione che è circolata nei primissimi giorni delle proteste e gli inviti per niente velati alla rivolta (ho personalmente letto di '500 morti a piazza Taksim', di poliziotti 'pronti a usare il gas nervino' che di morti ne avrebbe fatti a migliaia; per non parlare dei rivoltosi italiani che inneggiavano su Facebook a resistere contro il 'regime fascista'); del resto, il controllo di Internet - per neutralizzare pedofili, terroristi e tutto ciò che viene percepito come 'minaccia' - è da almeno 15 anni il cavallo di battaglia di partiti più o meno conservatori: questo non vuol dire che io condivida questa impostazione (anzi, non la condivido affatto), però per l'appunto si tratta di una posizione ampiamente condivisa anche nelle democrazie più avanzate.
E in linea generale, l'idea che ognuno debba essere responsabile fino in fondo di ciò che dice e scrive - critiche sì, inviti alla rivolta o consapevole disinformazione no - è perfettamente compatibile che gli standard europei di democrazia (certo, poi bisogna anche vedere quali sono le pene previste).
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