Magazine Diario personale
Capisco che la parola “figliastro” suoni bruttina assai, ma quanto ristretto bisogna avere il cervello per usare nel dibattito italiano l’ancor più brutta parola angloide “stepchild”? Non sarà per non far capire agli ignoranti più bigotti (o ai bigotti più ignoranti) di cosa si tratta, per far sì che si dicano contrari alla “stepchild adoption” senza sapere di cosa cacchio si stia parlando, facendogli immaginare chissà quali turpi e terrificanti depravazioni? Perché altrimenti appare abbastanza OVVIUCCIO che se un genitore separato con figli contrae un altro matrimonio, omo o etero che sia, il nuovo coniuge possa diventare “patrigno” o “matrigna” (altre parole che suonano assai male, ma queste abbiamo!) di costoro (con le responsabilità che ne conseguono).
In realtà non c’è nulla di cui stupirsi: stiamo parlando dello stentato, ostacolato e penoso iter di una leggiucchia italiota (sollecitata dall’Europa e vista come fuoco negli occhi dalla vescovaglia) che non potrà che nascere zoppa: un’apparente apertura a nuovi diritti civili in linea con l’Occidente Civile, ma autosabotata da emeRdamenti a metà fra una viscida tolleranza obtorto collo e rassicuranti paletti di apartheid sessuale Anni Cinquanta. Naturalmente, spero di sbagliarmi. Ma temo che farei prima a sperare di NON essere italiano…