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Osservo, quando posso, le volubili volute dell’umore che, serpeggiando come una biscia in acque limacciose, trova spunto e modo di innalzarsi in picchi caffeinici, di tanto in tanto, per ricacciare la testa sotto la superficie quando la carica si esaurisce.
Bellezza mesta, mi dice un cuore amico che questi spazi conosce e riconosce.
Nell’alternanza trovare un equilibrio è un obiettivo sano, che è sano perseguire, in luogo di abbandonarsi, crogiolandosi, nella morbida e morbosa coperta dell’autocommiserazione.
Stanco delle metafore, ho bisogno di impegnarmi per trovare un percorso espressivo differente. Stimoli sufficienti sono sempre presenti e disponibili.
E’ una pratica d’indulgenza il filosofeggiare sugli stati d’animo oppure è una subdola llusione di controllo il giudicarli infantili senza, però, lasciarli andare?
E, soprattutto, come sarebbe questa serie di considerazioni se la spogliassi di tutti gli aggettivi?
Verbosa.
Ooops, I did it again.