Javier Zanetti in un’immagine tratta dal sito
della sua Fondazione: Fondazionepupi.org
ARTE E CALCIO (Milano). C’è un libro che per tanti appassionati calciofili risulterà imperdibile: è “Giocare da uomo”, edito da Mondadori in libreria da domani, 15 ottobre. Uno dei tanti racconti di sport? Non proprio, visto che a scriverlo – con il “ghost writer” Gianni Riotta – è Javier Zanetti, diciamo non uno qualunque.
Parte dalla sua Buenos Aires, “Saverio”, andando a ripercorrere i momenti che dalla sua infanzia nel non certo ricco quartiere di Dock Sud lo hanno poi portato a divenire ciò che è: un uomo di 40 anni, campione di sport, fermo ai box per un infortunio che segna la fine per tanti ma che per lui ha i tratti del semplice pit-stop.
Parla del parto difficoltoso che lo ha dato alla luce, del nomignolo “Pupi” affidatogli dal fratello Sergio, del padre Rodolfo (origini friulane) che a Pupi rammendava le scarpe di notte per l’impossibilità di andare a comprargliene di nuove. Il tutto, però, con un’eleganza e una dignità distanti dalle tante biografie di uomini scampati alla povertà e divenuti grandi: non c’è della retorica, nè tantomeno l’intenzione di creare compassione nel lettore; quella di Zanetti è semplicemente una vita nella quale il concetto di lavoro ha fatto la differenza.
Da buon argentino, poi, la religione ha giocato un ruolo importante: chi l’avrebbe mai detto, infatti, che con un padre ateo Javier sarebbe giunto alla vigilia della finale di Champions League di Madrid recitando una preghiera in albergo accanto al suo amico Ivan Cordoba, accendendo poi una candela in onore di Santa Rita? E’ una delle tante favole racchiuse in una favola grande, tanti piccoli grandi passi sulla strada percorsa da un uomo che si è fatto ben volere anche dagli avversari, forse il simbolo più evidente della sua grandezza. L’incontro col Papa, argentino come lui, è sembrato il degno coronamento del suo cammino: Francesco, appresa la notizia della scomparsa della mamma di Zanetti, si è raccolto in preghiera insieme a lui, un gesto che ha toccato nell’animo la sensibilità del giocatore.
E poi, immancabili, i retroscena che serviranno ai giornali per fare capolino sulle loro prime pagine sviscerando il racconto dal solito punto di vista scandalistico: la rispettosa opposizione agli sfoghi di Marcello Lippi, gli elogi alla persona di Ranieri, la somiglianza fra suo padre e Gigi Simoni, la venerazione per Josè Mourinho. E poi il tackle, immancabile per “El Tractor”, su Marco Tardelli: “il peggiore allenatore che abbia avuto”.
C’è insomma un po’ di tutto in “Giocare da uomo”, l’autobiografia di un campione a 360° fra i pochi simboli di un calcio che fatica sempre più a sfornare prodotti a lui simili.
Contenuto ceduto in esclusiva dall'agenzia alaNEWS. Riproduzione vietata. Anno 2013.