Un feuilleton sofisticato e postmoderno, tra echi cinematografici noir e tentazioni melò.

Sullo sfondo, una Milano alto borghese, quella delle strade discrete e dei cortili nascosti “dove la ricchezza fa da barriera anche ai suoni e il frastuono del traffico non osa disturbare le case dove le tavole vengono apparecchiate con tovaglie antiche di lino e bicchieri di cristallo passati di madre in figlia”. Una saga familiare in cui il potere economico si propaga per via femminile. In casa Lanzone Stucchi non importa che la discendenza sia diretta: da cinque generazioni la donna più forte e volitiva, quella che non teme di sporcarsi le mani con il potere e i suoi giochi, gestisce l’impresa di costruzioni di famiglia con polso inflessibile. Finché Francesca, l’ultima delle eredi, non incontra Riccardo, spericolato e misterioso uomo d’affari del sud, “bello come un dio greco”: l’uomo sbagliato. Sposato, come lei. E troppo diverso. Per ambiente, storia, tradizioni, etica. Fermarsi è difficile. Impossibile. E ogni volta sono lacrime, sofferenze, sesso, ma anche desiderio e grande amore. E allora? Può essere solo una follia, una sbandata o una pausa rigenerante. Ma per quanto tempo si potrà giocare mantenendo il controllo della partita? Riccardo nasconde un segreto che Francesca non riesce a penetrare, lacerata fra la carne e gli obblighi di una casta che ha fatto sua. Intanto, i rispettivi mondi li reclamano.
L’uomo sbagliato si apre con un prologo erotico e si chiude con una favola romantica, perché “l’amour physique est sans issue”, come canta Serge Gainsbourg nella canzone che apre il libro. Musica e tessuto narrativo sfumano una nell’altro: dove non arrivano le parole, arrivano le canzoni. Ogni capitolo è introdotto da un brano che ne suggerisce l’atmosfera. Perché, come diceva François Truffaut, “Le canzoni d’amore sono stupide; e più sono stupide, più sono vere”.
