Antonella D’Agostino senza troppa fatica è risalita alla fonte che ha dato notizia sulla sospensione del chiacchieratissimo marito. Ieri ha contattato Notte Criminale rilasciando un’intervista in esclusiva.
Antonella, è andata a trovare Renato?
«No. Sono appena tornata da Mondragone a causa di alcuni problemi familiari e ho appreso la notizia qui a Milano. Oggi, anche se era giornata di colloqui, non sono potuta andare perché soffro di pressione bassa. Lo vedrò sicuramente domani o in settimana quando tornerà a lavorare. La sua è stata solo una sospensione. Non gli hanno revocato nessun permesso».
Ha contattato o è stata contattata dal carcere di Bollate?
«No, non ne ho avuto il tempo e loro, non l’hanno fatto perché sanno che ho dei problemi familiari e mi trovavo fuori Milano».
Ci dice qualcosa di questa “dama bianca”?
«Sarà sicuramente una di quelle “zecche cavalline” sensibile al fascino di mio marito».
Le iniziali che riportiamo, non le dicono niente?
«Beh effettivamente qualcosa mi ricordano ma non di certo una donna fascinosa piuttosto il contrario».
Quindi la conosce?
«No comment, ma speriamo non si compri pure il chihuahua».
Si sente tradita?
«No. Il legame tra me e Renato va oltre un colloquio o una presunta scappatella. Se io ho la pressione ballerina, mio marito il cuore. Ma sono sicura che questa sarà soltanto un’amica».
Però ci sono dei colloqui, mai smentiti né confermati dal carcere
«Anche se fosse, non è il primo. E’ una cosa nota che Renato avesse colloqui oltre che con me, anche con altra gente. Mio marito ha girato le carceri di tutta Italia e ha da sempre avuto colloqui con altre persone. Una fra tutte è quella che chiamavamo la “Pavesina”. Lo so io, lo sanno le autorità che gli rilasciano i permessi. Io non vado e non posso controllare. E’ una cosa nota, lo sanno tutti che mio marito ha avuto e mantenuto relazioni anche epistolari con molte donne. Ho anche fatto un libro che ne raccoglie una parte (Lettere a Renato). Chissà, magari questa S.R. a cui fate riferimento è tra quelle donne raccontate in quelle pagine. Donzelle, come le chiama lui, che gli hanno tenuto compagnia e aiutato a fargli passare il tempo in tutti questi anni di carcere ma non posso ricordarle certo tutte. Cosa c’è da meravigliarsi. Del resto, proprio voi giornalisti avete costruito il mito del “bel Renè” e sulle donne del Vallanzasca, vere o presunte, non avete certo risparmiato la penna».
Ma di cosa si stava occupando Renato nella nuova attività lavorativa?
«Questo ve lo dirà lui a giorni non appena terminerà la sospensione. Non voglio rovinargli il gusto di darvi la notizia».
Alcuni giornali hanno scritto che ha incontrato suoi vecchi “sodali”.
«Non ci credo nemmeno se lo vedo con i miei occhi. Lui sta attento alle strade che percorre. Se avesse avuto una cattiva condotta non gli avrebbero dato il permesso di poter uscire ed io, che sono la moglie, l’amica e la sorella di Renato, so per certo che non ha nessun contatto con boss o “mega boss”. Lui non è mai stato a capo di nessuna cosca, la sua era una banda…non mi faccia ridere!»
A sospendere Renato è un reato.
«E quale? In tutte le cavolate che ho letto, nessuna specificava quale. Al massimo possono essere delle trasgressioni. Trasgrediamo tutti, ma non vuol dire commettere reato».
Suo marito però non è un uomo libero e, conoscendone il carattere è possibile che abbia replicato l’atteggiamento avuto a Mondragone
«Si, è possibile. Comportamento che non giustifico ma capisco. Siamo tutti esseri umani e una giornata storta possiamo averla tutti…dopo quarant’anni,poi, è anche stanco. Quarant’anni sono quarant’anni. Ecco, al posto della “dama bianca”, delle multe non pagate e di trasgressioni è proprio di questi 40 anni che si dovrebbe parlare e decidere cosa fare di quest’uomo. Penso che quarant’anni di pena per quello che ha fatto e detto di aver fatto, siano più che sufficienti. Nella mia vita, non ho mai pensato alle donne che vanno a colloquio o alle trasgressioni per i suoi colpi di testa, nemmeno adesso che sono sua moglie. Ho sempre pensato a questi quarant’anni ed al modo in cui lui se l’è fatti. Continuano a dargli dei palliativi? Zuccherini in attesa che sbagli a prendere il tram e punirlo? Negli ultimi sei anni, lui ha dato più di una prova. Che dobbiamo ancora fare?»
Beh, Antonella, suo marito ha 4 ergastoli e 260 anni di pena da scontare mica è un Santo
«Che sia un Santo, nessuno lo ha mai detto, neppure lui. Di certo, non è nemmeno un pappagallo australiano che campa 360 anni. Ma siamo seri!»
Suo marito ha ucciso della gente…
«Non l’ha mai negato. Non si è mai appostato né ha mai sparato per prima. Questo risulta dagli atti giudiziari. Erano in una guerra, sbagliata certo, ma la regola era “morte tua vita mia”. Quanto ha scontato può bastare. Che legge è questa?»
Certo, ma questo non cancella il male fatto.
«Ok, allora che facciamo, scriviamo tutti i tomi della Traccani da capo? Se dobbiamo parlare di cosa è successo in Italia dal ’72 in poi, prendiamoci sei mesi di ferie! Nel caso di mio marito non bastano quarant’anni di carcere. Allora bisognava dargli la pena di morte e non fargli fare il giro delle super carceri. O forse, bisognava pensare ad una pena più decorosa per un uomo che ha ammesso le sue colpe. In quarant’ani, non c’è decoro né giustizia. C’è solo vendetta».
Restano 4 ergastoli e non si possono cancellare
«Torniamo al pappagallo? O magari parliamo di pentiti?! A me non interessa chi esce prima di mio marito. A me, interessa mio marito e mi piacerebbe parlare di quelli come Brusca, un nome a caso. Pentiti di niente che noi paghiamo ma che non dicono nulla di nuovo rispetto a quanto sappiamo già».
Andraus si è pentito ed è fuori. Renato perché non l’ha mai fatto?
«Tu vuoi mischiare la merda col cioccolato?»
Ma con Renato non avete mai parlato della possibilità di pentirsi? In fondo, questo, potrebbe sottrarre anni di pena.
«No. Pentirsi non appartiene al nostro DNA. Alcune scelte le fai da solo. Non ti obbliga nessuno. Quindi se sbagli devi pagare ma nel giusto. Oggi invece, succede che ad Avetrana si fa lo show del crimine. In prima serata bisogna guardare questo “ragnetto” (Michele Misseri) che fa dei “giri” con una corda, si lega per terra per farci vedere come ha fatto, ci dice pure che ha spogliato la nipote ed i magistrati dicono che non ha valore. Mio marito che ha avuto almeno il decoro di risparmiarci questi spettacoli, pur dicendo tante cretinate (come poteva fare contemporaneamente una rapina in 3 diverse città d’Italia?) è stato creduto. Pur avendo la certezza che molte cose le diceva solo per coprire altra gente, le sue parole hanno avuto il valore che gli è stato voluto dare. E’ stato messo tutto agli atti, pure il dono dell’ubiquità».
Crede quindi che il mito di suo marito sia stato controproducente per lui rispetto, invece, alla mitizzazione del crimine a cui si assiste oggi?
«Mio marito è stato un esaltante videogame».
Sul quale si continua a giocare?
«Si».
Marina Angelo
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