- I disordini in Medioriente: di recente Lei ha pubblicato una lettera su Il Foglio, chiedendo un intervento Italiano e Occidentale per imporre una No Fly Zone in Siria. Ci può descrivere la Sua posizione in merito al conflitto siriano e i drammatici effetti che questo sta avendo sui Paesi limitrofi?
- L’Iran finanzia il terrorismo, praticamente in tutto il mondo ed è direttamente implicato nella mattanza siriana, ove ha inviato oltre 4000 pasdaran e addestra una milizia popolare di 50.000 uomini. In questi giorni, tra l’altro, uomini del regime sono stati condannati in Thailandia per terrorismo. Come si può fermare questa spirale di morte promossa da Tehran?
Intanto con un cambio di regime in Siria: la caduta di Assad priverebbe l’Iran di un importante alleato che in questi anni è sempre più diventato un “proxy” dell’Iran stesso e farebbe finire la contiguità territoriale fra Iran ed Hezbollah, continuità che ha permesso il riarmo di Hezbollah ben oltre le capacità raggiunte nel 2006 nell’ultimo confronto armato con Israele. Il coinvolgimento attivo di Iran ed Hezbollah nel conflitto siriano si rivelerà un grave errore per entrambi: già oggi Hezbollah, proprio a causa della sua presenza armata in Siria, sta perdendo di credibilità agli occhii di settori sempre più ampi di opinione pubblica sciita libanese.
- Pensa che la crisi in Egitto riporterà Hamas nelle braccia dell’Iran? La Striscia di Gaza diventerà presto una nuova Valle della Beka’a?
Non credo. L’esclusione dal potere della Fratellanza Musulmana indebolirà Hamas che sarà costretta a trovare nuovi interlocutori (auspicabilmente più moderati) nel mondo sunnita.
- Passiamo alle recenti elezioni in Iran: a Teheran, come sa, è stato eletto un nuovo Presidente, Hassan Rohani. Cosa pensa delle elezioni? Crede davvero che Rohani, un uomo del’establishment, possa cambiare il volto del regime iraniano?
Le elezioni in Iran sono state una farsa e si sono svolte al di fuori di ogni minimo standard di legalità internazionale: i soli filtri che il regime ha imposto per la selezione delle candidature non le rendono credibili nei confronti di alcun organismo internazionale. Le elezioni in Iran hanno visto una normale competizione fra l’establishment al potere che rimane sostanzialmente immutato. Le prime di dichiarazioni di Rohani, sul nucleare, Siria, Israele e opposizione interna non lasciano ben sperare
- Dopo l’elezione di Rohani, buona parte della Comunità Internazionale si è detta disposta a rivedere le relazioni con l’Iran. Ciò, a dispetto del fatto che Rohani non ha ancora dimostrato nulla. Lapo Pistelli, Vice Ministro degli Esteri, si è recato in Iran e ha annunciato di voler approfondire le relazioni bilaterali tra Iran e Italia. Cosa ne pensa? Non crede che si stia correndo troppo, senza aver nulla in mano?
- Le sanzioni internazionali hanno dimostrato di aver un effetto positivo sul regime iraniano, provocando la caduta della cricca di Ahmadinejad. Ora – a dispetto del fatto che Teheran ha dichiarato di non voler sospendere il programma nucleare – alcuni parlano già della cancellazione delle sanzioni internazionali. Hassan Rohani, tra l’altro, da negoziatore nucleare ammise di aver usato l’Occidente per permettere all’Iran di sviluppare il programma nucleare indisturbato. Qual’è la sua opinione in merito?
Le sanzioni non vanno cancellate soprattutto perché l’Iran ha saputo, come lei afferma, “giocare” con la comunità internazionale riuscendo a compiere significativi progressi nel suo programma nucleare militare. Alcuni “realisti” in occidente ritengono che non sarebbe una tragedia se l’Iran si dotasse dell’arma nucleare, ritendendo possibile una sorta di riproduzione del modello di deterrenza nucleare della Guerra Fredda fra americani e sovietici in Medio Oriente. Purtroppo non è così: un regime teocratico che impicca adultere e omosessuali minorenni, che esporta sistematicamente terrore in tutto il mondo, non esiterebbe a usare tutti gli strumenti bellici a sua disposizione per un “first strike” contro Israele.
- Diritti umani: ogni giorno in Iran esseri umani vengono impiccati nel silenzio internazionale. Pensa che il nuovo Presidente cambiarà la situazione? E’ possibile che l’Occidente voglia stringere la mano a chi uccide quotidianamente, senza prima pretendere cambiamenti concreti sui diritti umani?
L’occidente deve ricominciare a fare della promozione della democrazia e della tutela dei diritti umani uno dei pilastri della propria politica di relazioni internazionali. Vanno anche riorientati parte dei fondi della Cooperazione allo Sviluppo a questo scopo per sostenere, la società civile e le opposizioni democratiche nei regimi dittatoriali. Un mondo senza dittatori dovrebbe essere un obiettivo importante per la comunità internazionale quanto i Millennium Development Goals.
Ringraziamo ancora l’Onorevole Gianni Vernetti, non solo per averci concesso l’intervista, ma anche per essere un esempio di personalità politica che davvero lotta per difendere il signficato reale delle parole libertà, democrazia e diritti umani.