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Esclusivo – Vita e poetica di Vincenzo Guarna nel ricordo di Fabio Guarna e del Professor Antonio Barbuto.

Creato il 20 luglio 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

3 itc 1971 0di Rina Brundu. Ci sono incontri tra persone e poi ci sono incontri di anime. La differenza è che i secondi non hanno limiti di spazio o di tempo e di norma si fanno ricordare. Il mio incontro con la miglior anima poetica di Vincenzo Guarna (1) è avvenuto circa dieci mesi fa, quando lui non c’era già più e io navigavo la Rete non sapendo che in quell’occasione avrei letto un qualcosa difficile da dimenticare:

Scrivete sulla mia tomba: Visse
per ischerzo”. Il mio
inferno
in questa epigrafe. Perchè
i giorni tramarono vicende
e io in quelle vicende,
senza convinzione.
Ho sofferto, ho lottato
senza convinzione: anima
divisa, inerte
volontà. E vissi
per ischerzo e oggi
nulla
è veramente mio. Un muro
sotto la luna, il tedio
dei ricordi, questo
vuoto disagio(2)

Raramente, o forse mai – l’ho già scritto mi pare – mi era capitato di imbattermi in una creazione artistica di un contemporaneo che avesse la qualità estetica di un classico e che alla stregua delle opere di quei maestri del passato mi inducesse a fermarmi. E a pensare. Ancora oggi quando mi confronto con questa epigrafe mi ritrovo come colei che tenta di dissetarsi alla fonte ben sapendo che l’acqua che berrà non sarà sufficiente a placare l’arsura. Leggo e rileggo, rimugino e rifletto ma per quanto ci provi non riesco ad abbracciare la totalità di ispirata visione retorica che questo lavoro denota e connota, a momenti come un poema d’altri tempi, a tratti come una nenia cantilenante, una rara canzone malinconica, un frammento modernista rubato all’illuminazione dell’istante. Ad un tempo questo mio shortcoming non mi preoccupa. Un’altra caratteristica degli incontri di anime è che si spiegano senza troppe parole. Mi verrebbe da concludere perciò che Vincenzo Guarna ha semplicemente detto tutto ciò che avrei voluto dire io sull’importantissima tematica trattata, ha detto persino quel qualcosa in più che non mi sarebbe mai riuscito di agguantare, da qui lo scarto, e l’ha detto in maniera meravigliosa.

Nella sua prefazione alla raccolta Visse per ischerzo(3), il prof Antonio Barbuto (vedi seconda parte dell’articolo) scrive di Vincenzo Guarna “Io credo però che al fondo di tutte le sue convinzioni ci fosse il tarlo della certezza che lui fosse destinato all’incompiutezza, dilaniato da un dissidio profondo e irrisolvibile”. Concordo. È una delle tante verità che racconta questa epigrafe. Ma più che di tarlo io avrei parlato di grande coscienza dell’incompiutezza in Guarna, perché è anche questo uno degli elementi che fanno di Visse per ischerzo una costruzione di così ampio respiro, nel senso che quel destino che marcia spedito verso l’incompiutezza riguarda in fondo tutti noi, la maggior parte di noi. Mi domando quindi come rifletteva questo sentire ossimorico dell’intelletto, questo “tarlo” capace di segnare il limite dell’io-lirico e autorale e ad un tempo di esaltarlo, sul versante umano. Che uomo, che padre è stato Vincenzo Guarna? L’ho chiesto a Fabio Guarna, uno dei suoi figlioli, che così mi ha risposto: “Stando a stretto contatto con lui era difficile distinguere il suo tratto intellettualmente impegnato dall’aspetto umano. Di certo, anche nei temi più banali riusciva a dare un taglio culturale che rendeva l’argomento interessante e piacevole da ascoltare. Quando affrontava i problemi tendeva a minimizzarli; non so se lo facesse perchè era convinto che in fondo nulla è importante nella vita o se lo dicesse per non scoraggiare chi lo ascoltava. Probabilmente nei confronti delle problematiche di salute e più in generale personali (famiglia), minimizzare, era anche una forma di protezione. Non si può nascondere che il suo umore era difficile da interpretare, soprattutto in pubblico. Un giorno spiegò che preferiva non mostrare ira perchè il suo volto si sarebbe imbruttito e non gli faceva piacere non apparire bello. Un suo ex-allievo mi ha raccontato che lo vide molto triste, fatto di cui si diceva estremamente sorpreso, una sola volta. Ovvero quando scoprì che il testo di un canovaccio che aveva scritto, affidato ad uno studente, era andato perduto e di avere notato che era uscita una grande opera di un importante regista che incredilmente assomigliava a quella che aveva prefigurato”.

Come un animale ferito, sedevi
la gran parte dei tuoi giorni nel tuo
angolo di stanza e il tuo silenzio,
come un rimorso senza colpa,
mi feriva e offendeva. Poi ti guardavo,
così esile, così perduto nel lembo
di vita che t’avanzava e si scioglieva
la mia rancura in una pena muta.

La strofa sucitata è tratta da Elegia al padre, un lavoro di Vincenzo Guarna che ha ricevuto meritata attenzione. Tra i versi di quest’elegia traspare quello che è in fondo un incondizionato affetto filiale, una coscienza dell’identità che ha plasmato anche il vivere quotidano dell’autore, nato in Croazia. “L’esperienza di Caisole è stata molto breve” precisa però Fabio Guarna. “A 6 anni era già tornato in Italia, appena in tempo perché qualche anno dopo quei luoghi sarebbero stati ricordati da tanti italiani per i massacri delle Foibe. I ricordi di quella terra sono molto legati a quelli del padre, mio nonno e alla carriera militare che Vincenzo, forse per la grande stima che nutriva nei confronti del suo genitore, avrebbe voluto fare come esperienza. La mia idea è che egli sentisse il fascino della divisa, che non vi fosse dietro una vera convinzione di vita. Rientrati in Italia, ricordava che il padre, maresciallo di finanza, esemplare per il suo senso del dovere, rovesciò in un bagno di Satriano del caffè che aveva trovato nelle valigie, arrabbiandosi molto perché la moglie, mia nonna, probabilmente inconsapevolmente l’aveva portato anche ad insaputa di lui in Italia in quantità maggiore di quella che era consentita al passaggio della dogana. In generale però mio padre amava molto viaggiare e se non poteva andare in una località ne studiava bene le caratteristiche, la storia ed altri aspetti da sembrare di esserci stato (ah se avesse potuto conoscere Google Maps!!). Non fa meraviglia se del suo paese natio sapesse tantissime cose che probabilmente neanche gli abitanti di quel posto conoscono”.

 

GUARNA GRAMSCI 2
Vincenzo Guarna ha insegnato a lungo nelle scuole calabresi: perché la Calabria? E quale era il suo rapporto con quella speciale missione? “In Calabria c’era vissuto e dopo la brillante parentesi universitaria” racconta ancora Fabio Guarna, “era tornato per non lasciare la famiglia, abbandonando le prospettive che l’Ateneo Messinese, con in testa Giorgio Petrocchi, gli offriva. Petrocchi – come racconta mia madre, siciliana conosciuta a Messina, laureatasi in filosofia e storia nella stessa Università – lo stimava e definiva un grande talento ma piuttosto pigro. In realtà spesso non si trattava di pigrizia in quanto il tempo gli era avaro perché la bontà d’animo lo portava a trascurare ciò che lo avrebbe gratificato preferendo dedicarsi agli altri. Vincenzo amava comunque la sua terra e Satriano in particolare”.

Fabio, ci regali qualche altro ricordo di figlio? “Uno dei momenti che mi torna spesso in mente, risale all’anno in cui ci ha lasciato (nda 2005). Eravamo insieme in auto e stavamo passando davanti alla scuola alberghiera di Soverato che per più di 20 anni aveva diretto. Stava bene in salute e nessuno dei due pensava che da lì a poco quelle passeggiate in macchina sarebbero finite. In genere, poco propenso a vantarsi (avrebbe avuto bisogno di un moderno corso di autostima), commentò guardando l’Istituto: “Bè l’ho proprio fatto io, quando sono arrivato aveva meno di 100 alunni e quando mi sono congedato ne aveva oltre 1000. Eppure avrei potuto fare tanto di più se i problemi di salute in famiglia non mi avessero assorbito com’è accaduto”. “Sulla tua lapide fatti scrivere – risposi scherzando – visse al 5%’ come Montale”. E lui di rimando: “Veramente, preferirei ‘Visse per ischerzo’“. Io all’epoca non conoscevo la sua epigrafe e pensavo ad una battuta. Quando ci ha lasciato io, mia sorella Francesca e mia madre decidemmo di far scolpire i versi di Per finire di Montale sulla sua tomba. Scoperta, in seguito, l’epigrafe, abbiamo pensato di aggiungerla. Infine, quando l’Amministrazione Comunale di Satriano ha voluto raccogliere alcuni scritti di mio padre, abbiamo proposto il titolo Visse per Ischerzo che è stato condiviso ed è molto conosciuto e apprezzato sul web”.

DE BELLO SOMALO

A Mogadiscio è ferma la Legione

Francese, in strada. Passano persone

Su un autocarro. Spara il Legionario.

E fa due morti, a scopo umanitario.

Tra le tante creazioni che mi piace definire trilussiane di Vincenzo Guarna, questa breve composizione sulle contraddizioni insite nelle missioni militari di pace, dà evidenza dell’humus brillante dentro il quale nasceva la sua arte. Dà testimonianza di uno spirito pronto, a tratti irriverente, impegnato quel tanto che basta. Di uno spirito le cui importanti ragioni intellettuali sapevano vivere in una con le altrettanto grandi necessità del suo essere uomo. Mi chiedo dunque quale sia l’eredità umana ideale che ha lasciato il padre al figlio, alla famiglia.  “E’ difficile rispondere” mi confessa Fabio Guarna. “Sono convinto che si sarebbe divertito lui a dare una risposta che sarebbe stata sicuramente brillante. Ma non posso e non possiamo dimenticare di lui e sentire come nostra, la generosità, il sacrificio per il prossimo, l’aiuto disinteressato e l’incapacità a dire no; ancora l’ironia, l’ingegno, la battuta pronta, l’essere brillante. E soprattutto il suo carattere discreto e riservato che lo ha fatto diventare una “comparsa” nell’universo della letteratura del ’900 che probabilmente gli avrebbe potuto assegnare un posto da protagonista”.

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foto guarna con papa
Sulla poetica di Vincenzo Guarna

Il professor Antonio Barbuto (Soverato 1936) si è laureato in Lettere a Urbino con una tesi su Italo Svevo. Dal 1975 al 1987 ha tenuto la cattedra di Sociologia della Letteratura nell’Ateneo Urbinate per poi passare alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma “La Sapienza” come docente di Storia della Critica Letteraria. Il professore è uno dei massimi conoscitori dell’opera di Vincenzo Guarna e a lui ho rivolto alcune domande con l’intento di conoscere meglio la poetica di questo autore.

Cito dalla prefazione a Visse per ischerzo: “Guarna avrebbe potuto scrivere volumi di critica letteraria, romanzi, poesie, ma non ha scritto quasi niente perché come il Fadin montaliano la sua “parola non era forse di quelle che si scrivono”. Ravviso, in questo status-quo, uno splendido tratto kafkiano, del Kafka più grande, quasi una timidezza dell’anima. Cosa ha determinato questa modalità di essere, del suo alter ego letterario, in Vincenzo Guarna?

Guarna appartiene al molto esiguo numero di scrittori autori di un solo libro (Lucrezio, Catulo, Campana per fare i nomi dei miei amatissimi), ma lui nemmeno un libro ha scritto. Forse la sua splendida tesi su Montale avrebbe potuto esserlo. Ma Guarna si è sempre rifiutato al volume.

Più che “timidezza dell’anima” era il pudore di un lettore onnivoro (adolescente consumò un “casciuni” di libri di ogni genere e l’ultimo grande romanzo riletto fu il “Chisciotte” come mi disse).

Come, tra l’altro, avrebbe potuto intraprendere la carriera universitaria: il suo relatore, Giorgio Petrocchi, lo stimava grandemente e così Carlo Cordiè, Della Volpe, Debenedetti per citare i “maestri” che frequentò a Messina e di cui mi parlava con entusiasmo. Ma non se ne fece nulla. Perché? E chi può affermare con sicurezza un’ipotesi. E’ la zona d’ombra d’una intelligenza superiore vissuta a modo suo: primus inter pares ma aldiquà di ogni supponenza, consapevole del suo valore intellettuale ma usato al di sotto d’ogni tentazione di superiorità. Scelse consapevolmente di abitare un mondo ” infra questi pidocchi” con eleganza e civetteria.

Eugenio Montale appare come una sorta di guida, di ideale stella cometa che ha accompagnato il percorso intellettuale, forse umano, di Vincenzo Guarna, fin dalla sua gioventù. Cos’ha determinato questa fascinazione e come si è manifestata nella sua opera?

La scoperta di Montale è dovuta al suo coetaeno Giuseppe Chiaravalloti studente a Genova e poi magistrato, e poi ahimè, presidente della regione Calabria.

Montale divenne il suo autore, ma non la sua guida, perché in effetti il poeta ligure, al quale m’introdusse qualche anno dopo, rappresenta il principio del canone novecentesco, non solo per gli Ossi (Meriggiare pallido e assorto è la prima poesia riconosciuta) ma Guarna privilegiava le Occasioni e in particolar modo la sezione dei Mottetti (la copia del secondo libro che i figli mi hanno dato come ricordo di un’amicizia totale è sottolineata abbondantemente) e poi Voce giunta con le folaghe della “Bufera” che mi regalò ai tempi: per comprarla vendette a un suo compagno di terza liceo la cravatta che indossava quel giorno.

Credo che di Montale oltre all’assoluto valore della poesia, condivideva l’assunto di fondo, Codesto solo oggi possiamo dirti,/ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Ma Montale fu uomo generoso, e Guarna superò ogni limite in fatto di generosità, fu un uomo solo comunque. E non mi chieda il perché.

Lei ha dato ad intendere che la creazione dell’epigrafe giovanile Visse per ischerzo, sia stata ispirata dalla lettura dell’opera di Edgar Lee Masters. Potrebbe elaborare in merito?

Spoon River, Le liriche cinesi sono due opere che Guarna frequentò assiduamente e mi recitava sovente, nelle nostre infinite passeggiate.

Ma la straordinaria intuizione dell’autoritratto è tutta sua: da una parte il letterato coltissimo, di raffinata bellezza e di consapevole orgoglio mentale; dall’altra la scelta in basso di una quotidianità grigia illuminata solo dagli affetti famigliari tenaci e da qualche amicizia “leggendaria”.

“Visse per ischerzo” la scrisse credo, sui vent’anni: aveva capito tutto di sè, e soprattutto degli altri e del mondo.

Basta anche solo una lettura veloce dell’opera di Guarna, per scoprire una sorta di vena malinconica insita nell’Essenza autorale. A suo avviso, quali le motivazioni della stessa e quali le sue conseguenze su un piano pratico?

“La tristezza ch’ebbe la tua coraggiosa allegria” è invocata da Lorca ne “Lamento per Ignazio”. E’ qui che risiede la lucidità razionale e le pulsioni emotive di Guarna. L’impossibilità di coniugare assieme le altezze della mente, le ansie del cuore, con “le cose occorrenti ai tempi suoi”. C’è un solco invalicabile che Gozzano (altro poeta cult) gli forniva l’espressione estetizzante e tutto sommato appropriata “non amo che le rose/che non colsi. Non amo che le cose/che potevano essere e non sono/state”. Chiamate queste cose come volete ma non v’ha dubbio che la nota dominante resta quella della malinconia.

Lei ha definito, a titolo di omaggio, il lascito letterario di Vincenzo Guarna “una valigia leggera”, “un piccolo testamento”. Se la sentirebbe di aggiungere qualcos’altro?

Posso sommessamente ricordare il “vissi al cinque per cento” di Montale, il rendiconto finale del Gattopardo che dei suoi sessantatre anni di vita pensava di averne vissuti si e no tre. E Guarna, dopo questi esempi (va ricordato che il mio amico, e lui lo sapeva fin troppo, era impastato di letteratura fin nel midollo) come poteva immaginare lasciti cospicui, grandi testamenti. Col tratto disinvolto della sua eleganza ha tolto d’imbarazzo tutti rassicurandoci con felice coup de theatre dell’impareggiabile “epigrafe”.

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Ringraziamenti (breve). Per questo straordinario lavoro voglio ringraziare di cuore Fabio Guarna che non solo ha raccolto il mio messaggio in bottiglia – lasciato in fondo, a titolo di commento, al mio primo articolo su Vincenzo Guarna – e l’invito a contattarmi, ma che si è anche messo a mia completa disposizione fornendomi tutto il materiale necessario per raccontare questo spaccato di vita e ricostruire qualche aspetto della poetica e dell’arte del padre. Lo ringrazio per il tempo che ha dedicato a raccontarmi anche tratti meno noti dell’uomo e del poeta e con lui ringrazio la famiglia.

Infine, un grazie altrettanto sentito e affettuoso va al professor Antonio Barbuto per la sua cortesia e per la gentilezza con cui ha accolto le mie domande.

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Scarica qui il pdf di visse-per-ischerzo, raccolta di scritti di Vincenzo Guarna.

Links consigliati:

http://www.soveratonews.com/2008/05/29/vincenzo-guarna-il-ricordo-di-una-studente-dellitc-degli-anni-70/

http://www.soveratonews.com/2006/01/26/vincenzo-guarna-la-testimonianza-di-gerardo-pagano/”.

http://www.soveratonews.com/2009/03/22/vincenzo-guarna-video-intitolazione-itc-calabretta/

http://rinabrundu.com/2013/01/18/la-poesia-e-larte-sublime-del-calabrese-vincenzo-guarna-alcune-brevi-considerazioni-critiche/

Note:

(1)   Vincenzo Guarna (Caisole di Cherso, 25 novembre 1934 – Imola, 3 dicembre 2005) è stato uno scrittore italiano, e studioso di Eugenio Montale. Studioso di Montale e autore di un saggio pubblicato in “Misure critiche”, laureatosi con la lode in Lettere Classiche nell’anno accademico 1957-58, fu professore di Lettere negli Istituti Superiori e quindi Preside per un lungo ordine di anni in Calabria, sua terra d’origine, Satriano (CZ). Accompagnò l’insegnamento, di grande efficacia didattica e straordinariamente affascinante, e l’esercizio di Capo d’Istituto colla coltivazione discontinua della scrittura poetica e saggistica, come documentano alcuni scritti pubblicati che ha lasciato come la Poesia “Elegia al padre” pubblicata la prima volta in “Galleria” con nota critica di Antonio Barbuto, già Professore all’Università la Sapienza di Roma – facoltà di lettere. Quest’ultima poesia ricevette l’elogio di Sebastiano Timpanaro a cui lo stesso Barbuto la inviò che gli scrisse: “Io ho scarse letture di poesie contemporanea, e spesso non riesco a capire e ad apprezzare. Ma questa volta credo di aver capito tutto e sono rimasto ammirato: molto raramente, mi sembra, ho letto versi di questa rappresentazione, commossa e lucida e al tempo stesso di un dramma individuale che è insieme il dramma di una società. Tutto questo lei lo dice molto meglio di me nella Sua premessa critica: Le spetta il merito di avere scoperto un poeta vero e alto. Se ha occasione di vedere Vincenzo Guarna, vorrei che gli esprimesse la mia sincera ammirazione”.

Una raccolta di scritti di Guarna è stata pubblicata dopo la sua morte con il titolo “Visse per ischerzo”: titolo suggerito dalla poesia Epigrafe scritta da Guarna e pubblicata in “Tre istorie”, nonché affissa sulla sua lapide in cui l’autore scrive:

Opere

  • “Tre Istorie” con una premessa    critica di Antonio Barbuto, in Galleria XVII, n. 1-2 gennaio-aprile 1967    (galleria curata da Mario Petrucciani e stampata dall’editore Sciascia)
  • “Elegia al padre”, in Galleria XXI,    n. 6, nov-dicembre 1971 (galleria curata da Mario Petrucciani e stampata    dall’editore Sciascia)
  • “Fenomeno Pecci”, ovvero gli    ammonitori in “News dall’Osservatorio”, n. 5 sett. 2004
  • “Il terzo tempo dell’itinerario poetico    di Eugenio Montale, in “Misure critiche” – Anno VII, Fascicolo    22, Genn.Marzo 1977
  • “Visse per ischerzo”, raccolta    scritti pubblicati dall’Amministrazione Comunale di Satriano nel 2008

Fonte Wikipedia.

(2)   Pubblicata in “Tre istorie” (Galleria, XVII, n.1-2, genn.apr. 1967).

(3)   Una raccolta postuma di scritti di Guarna.

Featured image, Vincenzo Guarna nel 1971 con l’allora Ministro della Pubblica Istruzione presente all’inaugurazione della sede dell’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri di Soverato. Seconda immagine, Vincenzo Guarna con il figlio di Antonio Gramsci e con il prof. Lombardi Satriani quando preside dell’istituto alberghiero organizzava manifestazioni culturali all’estero. Terza immagine Guarna durante una visita di Giovanni Paolo II in Calabria.

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