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Esenzione banche: cavallo di Troia per le mafie

Creato il 04 giugno 2012 da Albertocapece

Esenzione banche: cavallo di Troia per le mafieLicia Satirico per il Simplissimus

È l’era dell’equità selettiva: tutti i contribuenti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. Si avvicina la prima scadenza dell’Imu, che accomuna circa 17 milioni e mezzo di italiani. Circa. Già sapevamo dell’esenzione dall’Imu degli edifici di culto, pur avendo sperato (invano) in un cambiamento significativo: ciò che non avevamo messo in conto è che tra gli…edifici di culto dovessero essere incluse le banche e le fondazioni bancarie, che la legge considera incredibilmente “no profit” sin dai tempi della vecchia Ici. Potrebbe persino sembrare una barzelletta, se non fosse uno schiaffo potente a tutti coloro che l’Imu lo pagano senza essere preti o banchieri, sudando un’esenzione di 50 euro a figlio o sopportando anche le conseguenze finanziarie del non aver dato prole alla patria. Uno schiaffo anche ai terremotati dell’Emilia, dove la riscossione dell’Imu è stata sospesa ma non cancellata.

A lanciare ufficialmente la polemica sull’esenzione dall’Imu degli istituti bancari è il capo della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Federico Cafiero De Raho, premiato a Sorrento per l’attività svolta in favore della legalità. Precisando che la sua è una valutazione personale, Cafiero ha detto che «non si riesce a capire l’esonero delle banche dal pagamento dell’Imu. I soggetti che guadagnano devono contribuire al pagamento e bisogna attenzionare il canale bancario e quello finanziario attraverso i quali si muovono le ricchezze, tra cui quelle mafiose e camorristiche». L’esenzione è stupefacente, perché «le banche costituiscono il canale finanziario attraverso il quale vengono trasferite grosse somme di denaro» delle organizzazioni criminali: un regalo insensato alle banche e alla criminalità organizzata, difficilmente compatibile con i severi moniti governativi alla sobrietà dopo lo sperpero, ai sacrifici per la nostra salvezza, all’austerità come premessa necessaria della crescita.

Già, ma non siamo noi a dover crescere, né i nostri diritti individuali e sociali. Questo, almeno, è quanto si intuisce dalle ultime dichiarazioni dell’infaticabile Fornero. La ministra ha annunciato nuovi interventi sulla nostra spesa sociale, che continua a essere “troppo generosa”. Beninteso, ormai la parola “taglio” è stata bandita dal lessico ufficiale del governo: si parla di “aggiustamenti”, “razionalizzazioni”, “revisioni” di indicatori socio-economici. Gli indicatori socio-economici siamo sempre e ancora noi, condannati a una pensione tardiva e misera, flessibili in uscita e laicamente tassabili. Ieri LaFornero ha difeso la scelta governativa di non introdurre una patrimoniale “perché non esiste un’anagrafe patrimoniale”. Ci viene da pensare che per il governo non esista nemmeno un’anagrafe degli istituti di credito, e che un’estensione dell’Imu alle banche non rientri tra le “razionalizzazioni” possibili.
Ci associamo alla valutazione personale di Federico Cafiero De Raho. Non solo perché l’esenzione delle banche è un odioso regalo (anche) ai riciclatori di denaro, ma soprattutto perché è il crisma dell’iniquità nell’era dell’equità ostentata. A sei mesi dal suo ritorno, si continua a discutere dell’opportunità di quell’Ici vitaminizzata che è l’Imu: il Pdl è pentito e vagola contrizione pre-elettorale, mentre il Pd propone debolmente riduzioni e dilazioni. Il problema resta e non è l’iniquità della tassa in sé. L’iniquità si cela, piuttosto, tra le sacche di privilegio arbitrario e silente, nella consapevolezza amara che l’Imu dipinge un Paese asimmetrico, oligarchico, postsecolare e postfinanziario.
Ci rassegneremo all’Imu quando le esenzioni verranno giustificate dal reddito e dalle condizioni di vita e non dal censo o dal rango, da divinità profit e no profit, sacre o profane che siano. Quando verrà finalmente pagata sulla prima casa, sulla prima chiesa e sulla prima banca.


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