Nei Paesi Bassi si sta discutendo sulla “scelta” della signora Tineke Geessink, donna 63 enne, la quale ha dato alla luce con parto cesareo la piccola Meagan.
Per aggirare i rigidi paletti imposti dal legislatore olandese, che ha stabilito un limite massimo d’età di 45 anni per l’accesso all’IVF (fecondazione in vitro), la donna si è rivolta per un trattamento con ovuli e seme donati al discusso ginecologo italiano Severino Antinori. Secondo la giornalista francese Gaëlle Rolin, Antinori, esperto in gravidanze molto tardive in donne cinquantenni e sessantenni, è «conosciuto per il suo vizio di giocare all’apprendista stregone e infischiarsene delle questioni bioetiche».
L’agenzia Zenit, che ha raccolto le varie opinioni, spiega che la Geessink è una “single” e ha detto di volersi assumere tutte le conseguenze della sua scelta: «Ma il mio desiderio di un figlio è così profondo che sono disposta a tutto questo. Nessuno sa in anticipo quanto vivrà. Spero che mia figlia ed io possiamo ancora a lungo godere reciprocamente della presenza dell’altra». Il professor Antinori ha dichiarato di non capire il clamore suscitato dall’accaduto. Anzi, il ginecologo romano ha definito “irrazionale” e “medievale” la legge olandese che fissa un’età limite: «Ci sono alcuni (medici) talebani, anche nei Paesi Bassi, che sono meschini e di vedute ristrette. Non me lo aspetterei nei Paesi Bassi, ma in Italia e nei Paesi arabi», ha dichiarato.
Eppure la maternità tardiva pone tutta una serie di interrogativi, sia dal punto di vista medico che etico. Molti esperti si sono pronunciati: «Da un lato c’è l’interesse della madre. Ma i medici hanno anche una responsabilità verso il bambino. Trovo che i medici non debbano collaborare qualora esista il rischio che il bambino venga seriamente svantaggiato», ha dichiarato Guido de Wert, docente di Etica biomedica all’Università di Maastricht.
La nota ginecologa olandese Didi Braat, docente di Tecniche riproduttive al Centro Medico Universitario Sint Radboud, a Nimega, ha respinto categoricamente le accuse di “paternalismo” rivolte alle autorità olandesi. I rischi legati a questo tipo di gravidanza non vanno assolutamente sottovalutati. Il ricorso all’IVF fa aumentare la possibilità di andare incontro a complicazioni, sia nella futura madre che nel nascituro: «Penso – ha ribadito la ginecologa – che alcune donne non se ne rendano conto. Pensano che il limite di età di 45 anni per l’IVF sia puro e semplice paternalismo». La Braat, che è anche vice presidente del Consiglio olandese per la Salute pubblica e l’Assistenza sanitaria (RVZ), non ha dubbi: a 63 anni si è «troppo vecchi».
Anche Marli Huijer, medico e filosofa, è convinta che debba rimanere l’attuale limite dì età. «Questa bambina è stata concepita da un padre biologico e una madre che non conosce. La sua madre portatrice single, che si prenderà cura di lei, morirà quando la ragazza avrà vent’anni – se almeno viene rispettata la media statistica», così ha dichiarato. Per la Huijer, professore straordinario presso la Erasmus Universiteit di Rotterdam, «questa bambina parte già svantaggiata».
Dubbiosa anche Aleid Truijens, columnist della Volkskrant, che teme ad esempio «l’amore soffocante» da parte della madre per la bambina. L’opinionista si domanda: «Non c’è differenza biologica fra il bambino di due donatori e un bambino adottato. Perché allora questo immenso desiderio di portare nel proprio grembo questo bambino estraneo?».
Dal canto suo la psicanalista francese Sophie Marinopoulos parla di «un desiderio di un figlio che suona come un capriccio. Sono delle persone che vogliono l’oggetto ‘bambino’. Li chiamo ‘bambini-riparazione’, che devono rispondere in tutto alle aspettative della madre. E molte, per diventare madri, evitano accuratamente la relazione sessuale ed affettiva e vanno direttamente al bambino comprando i gameti».
«Più che scettico» si è dichiarato il ginecologo Jesper Smeenk, responsabile del centro IVF dell’Ospedale Sint Elisabeth di Tilburg: «il fatto che Meagan sia nata sana non toglie nulla ai rischi. Inoltre crescere in una famiglia monoparentale con una madre di 63 anni presenta delle evidenti ombre».
Tristi sono le vicende note delle cosiddette “mamme-nonne”. Ricordiamo quella della spagnola Maria del Carmen Bousada, che a 67 anni ha partorito a Barcellona il 29 dicembre 2006 due gemellini. Era single e per poter pagare il costoso trattamento IVF in una clinica californiana ha venduto la sua casa. Morì nemmeno tre anni dopo il parto in seguito ad un tumore, scoperto solo dopo la nascita dei piccolini. La stampa parlò di “orrore medico”. Ma ce ne sono molte altre.
Posizione della Chiesa cattolica. Per la Chiesa, si tratta di sviluppi moralmente inaccettabili, per vari motivi. Già nel febbraio del 1987, la Congregazione per la Dottrina della Fede si pronunciò nell’istruzione “Donum Vitae” contro le derive delle tecniche di fertilizzazione in vitro, ribadendo fra l’altro «il diritto di ogni persona di essere concepita e di nascere nel matrimonio e dal matrimonio». Il testo ricorda inoltre che «la medicina che voglia essere ordinata al bene integrale della persona deve rispettare i valori specificamente umani della sessualità. Il medico è al servizio delle persone e della procreazione umana: non ha facoltà di disporre né di decidere di esse».