Espulsioni nel M5S. Dittatura o polverone per nulla?

Creato il 01 marzo 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online
mar 1, 2014    Scritto da Davide Bacci    Attualità, Politica 0

Espulsioni nel M5S. Dittatura o polverone per nulla?

“Critichi il capo? Allora ti facciamo fuori”. Questo è il messaggio che ci propinano freneticamente televisioni e (sedicenti) autorevoli giornaloni ad ogni ora del giorno e della notte, in seguito all’espulsione di quattro senatori del Movimento 5 Stelle. Sarà davvero così? Temo che la realtà sia un tantinello differente.

Nessuna scusa riguardo ciò che è successo, soprattutto nelle modalità in cui è stata presa la decisione: espellere alcuni membri del movimento perchè in dissenso con la linea politica del proprio gruppo politico o in quanto troppo critici verso il leader non è mai bello; si configura come una pratica davvero sgradevole e antidemocratica, un ostracismo che non fa altro che dare ancor più adito alle polemiche di democrazia interna a vantaggio degli avversari politici, cioè tutti (Renzi in particolar modo).

Dopo questa breve premessa, è doveroso però concedere spazio ai motivi che hanno spinto l’assemblea degli eletti prima e la rete poi, a votare per l’esclusione dei “dissidenti”.

Uno dei “big”, il deputato Alessandro Di Battista, riassume così sul suo profilo Twitter, le ragioni della decisione: “Io ho visto in queste quattro persone, sistematicamente, da mesi, e in modo organizzato, la logica dl dolo, la malafede, il sabotaggio di tutte le grandissime battaglie che abbiamo portato avanti come gruppo. Ogni qual volta che avevamo un successo da comunicare ( e voi sapete quanto per il M5S che ha il 99% dei mezzi di informazione contro, sia difficile comunicare), usciva una dichiarazione di uno dei quattro pronta a coprire il messaggio del gruppo…c’era sempre uno dei quattro che si trasformava in “zavorra professionale”. Continua Di Battista: “Questo non è un gioco. Ecco, io non posso lasciare la “trincea” sapendo che mentre sferro un “attacco”, qualcuno mi sparerà, scientemente e volutamente alle spalle”.

Dalle parole del deputato traspare come la pazienza e la sopportazione verso Orellana & Co. avessero ormai raggiunto il limite massimo; la critica verso Grillo è stata soltanto la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo da molto tempo.

Critica e opinioni diverse, come suol dire, sono il sale della democrazia, giustissimo; tuttavia qui si parla di “dissenso sistematico” e malafede. Se questi senatori avessero avuto un po’ di dignità, anziché sparare a zero ogni giorno contro il M5S e dunque contro i 9 milioni di elettori che li hanno catapultati per magia su quegli scranni, si sarebbero dimessi spontaneamente. In questo non ci sarebbe stato niente di male.

Perchè invece aspettare ad essere cacciati? E’ proprio qui la differenza, sostiene Marco Travaglio, tra un Solgenitsin, un Sacharov o uno Scilipoti qualunque. Con il sistema di selezione dei candidati adottato da Grillo e Casaleggio, casi di “scilipotismo” endemico erano facilmente pronosticabili dopo tutto. In questo senso, a mio avviso, i due fondatori del Movimento 5 Stelle son stati fin troppo democratici, molto meglio il sistema PD-PDL dove i soldatini vengono accuratamente vagliati e cresciuti come polli d’allevamento, vedi casi umani come Moretti e Speranza da una parte, Biancofiore e Capezzone dall’altra (anche se la selezione della Michaela nazionale differisce in alcuni punti).

Pippo Civati invece è l’eccezione che conferma la regola, fermo restando che quando il gioco si fa duro e ci sarebbe da buttare il cuore oltre l’ostacolo (in pratica cacciar fuori le palle sul tavolo) il Pippo torna sempre mestamente tra i ranghi, in modo da scongiurare una democraticissima espulsione, come da lui stesso ammesso.

Tralasciamo infine la defenestrazione di Enrico Letta, a cui certamente nessuno mancherà, ma che sicuramente nella forma e nei modi rimane alquanto “sospetta”. Sarà uno spettacolo tristemente divertente quello che andrà in scena nei prossimi giorni: i partiti più antidemocratici d’Europa che impartiscono sermoni e lezioncine private di democrazia, nascondendo così un grave problema che accomuna tutti, nessuno escluso questa volta.

Parlare di democrazia in un paese come l’Italia suona sempre più come una barzelletta, soprattutto quando i garanti stessi di tale principio sono i primi ad infischiarsene. 

Ricevuto e pubblicato.


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