Si sente sempre più spesso parlare di fitness, di forma fisica, di 'benessere del proprio corpo'. Il che in sé stesso è un bene, soprattutto in questo periodo in cui l’obesità - che è l'altra faccia, paradossale, dell'aumento della fame nel mondo - è un problema sempre più ampio e diffuso. In questo tipo di 'cura' - in questo 'prendersi-cura' -, però, viene richiesto un impegno che va ben oltre il semplice fine della salute o del benessere stesso, e che anzi lo trascende così tanto da ridurlo a puro effetto accessorio e nient'affatto fondamentale. Perché in effetti lo scopo vero di questa 'cura' è continuamente di là da venire, ossia è una meta che non è raggiungibile mai definitivamente e che viene spostata continuamente in avanti, suscitando una rincorsa frenetica e senza fine. Un po' come accadeva per quelle isole galleggianti che si diceva facessero impazzire i naviganti, che le vedevano apparire ogni giorno in un punto diverso del mare. Ma perché la vera meta non sarebbe quella 'ufficiale' e più ovvia, ossia il benessere del proprio corpo?
Perché il 'ben-essere', appunto, è uno 'stare bene con il proprio essere', ossia è un'appropriazione completiva e un sentimento di possesso compiuto che riguarda in questo caso il nostro corpo, e che lo rende perfettamente inserito nel circuito delle nostre esperienze, della nostra vita e del nostro 'sentirci completi'. Stare bene col nostro corpo significa identificarlo col nostro 'essere', farne un tutt'uno col nostro modo di intenderci e di intendere il mondo. In questo senso l'invito che arriva continuamente alle nostre orecchie è quello invece di vedere il nostro corpo come 'altro' rispetto a noi, come un qualcosa di esterno di cui prendersi cura ma che in realtà non appartiene a noi, perché si ha sempre paura di perderlo. E 'perdere il proprio corpo' in questo caso non significa assolutamente morire, ma significa perdere quel modello perfetto al quale il corpo è messo sempre in relazione, e dal cui confronto esce sempre sconfitto. Perché il modello ideale di corpo proposto è totalmente irraggiungibile e precario, e prevede nella rincorsa faticosa per raggiungerlo il distacco effettivo dal proprio corpo reale, visto come transitorio e insufficiente e quindi 'non-assimilabile', incompleto. Questo distacco procura al nostro corpo un nuovo status di oggetto, dando vita così a un atteggiamento schizofrenico di cui risentiamo in ogni atto della nostra vita.
Esibire il proprio corpo come vetrina, badando innanzitutto all'effetto e non invece alla sostanza; indebolire il proprio senso di identità deprivandolo di un suo elemento fondamentale, il corpo appunto, continuamente avvertito come precario e bisognoso di cure 'esterne'; percepire il proprio benessere più come una sorta di 'attestazione esterna' e continuamente reversibile, piuttosto che una dimensione propria di armonia e di fiducia; essere 'spossessati del proprio corpo' anche attraverso il continuo incalzare di segni contraddittori che lo fraintendono e lo rendono latore di messaggi non controllabili e involontari. E' il caso ad esempio dell'erotizzazione del corpo, che continua a imperversare in quasi tutte le pubblicità e nei programmi televisivi e non solo. L'erotismo in questi casi non è quasi mai una concreta 'liberazione delle esigenze del corpo', né un recupero della corporeità che faccia dimenticare il pluricentenario dispregio del corpo. E' vero invece il contrario: l'erotismo in questi casi è proprio la 'scarica liberatoria da una censura', è l'elettrizzazione conseguente al superamento temporaneo di un divieto, il fascino proibito della trasgressione e del peccato. Non si tratterà quindi di un superamento del senso di colpa associato al corpo, né di un'autentica liberazione sessuale, perché anzi la proibizione e la colpa sono proprio gli ingredienti principali che rendono possibile questo tipo di erotizzazione falsata. D'altra parte, la contraddittorietà dei messaggi appartiene di diritto a questo sistema schizoide e ultra-conservativo, che prima di mettere in campo una qualsiasi innovazione concettuale o di costume si premura di estendere e di rafforzare il suo diretto contrario, affinché l'impatto progressivo sia reso inutile o nullo.
Magazine Salute e Benessere
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