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Essere un uomo – Albert Schweitzer

Da Paolo Statuti

Albert Schweitzer

Albert Schweitzer

   Albert Schweitzer è una delle figure che amo di più, in particolare per due motivi: la sua filantropia e la sua grande passione per Bach – il mio compositore preferito. Quando anni fa preparavo gli esami scritti d’italiano per la maturità, per conto del Provveditorato agli Studi polacco, una volta come uno dei tre argomenti proposti scelsi Albert Schweitzer e molti studenti svolsero proprio questo tema. Cercando in internet ho trovato nel blog dei luterani (luteranie.pl) questo articolo che mi è piaciuto molto e che ho deciso di tradurre e pubblicare nel mio blog.

 

   Su Albert Schweitzer, teologo luterano, filosofo, medico, musicologo e organista, si è scritto molto, evidenziando principalmente i suoi meriti per la medicina e per la pace nel mondo. Dobbiamo tuttavia ricordare che la sua eccezionale dedizione e attività a favore degli altri, andava di pari passo con la sua fede e con le sue profonde riflessioni teologiche.

   Nacque il 14 gennaio 1875. Suo padre era pastore luterano a Günsbach, in Alsazia. Leggendo i ricordi di Alberto, troviamo molte informazioni sulla sua infanzia e sull’atmosfera che regnava nella sua casa. Chiamava suo padre Ludwig il suo “migliore amico” e più volte sottolineò come si intendessero a perfezione, anche senza parlare. Fu  il padre a destare in lui l’amore per la musica, insegnandogli a suonare il pianoforte. A nove anni aveva già raggiunto un livello tale, da poter sostituire l’organista durante le funzioni religiose. Nei ricordi di Schweitzer incanta la sensibilità con cui egli si accostava al mondo circostante. Egli istruiva se stesso, si sviluppava spiritualmente, e proprio nelle prime esperienze dell’infanzia bisogna cercare le radici del futuro impegno a favore dell’etica del rispetto per la vita. “Da queste esperienze che mi commuovevano e mi facevano vergognare, nasceva lentamente nel mio cuore la ferma convinzione che tutti noi dovremmo essere invasi dalla paura, al pensiero di come insensatamente procuriamo dolore e morte alle altre creature”.

   La fede nella vita del giovane Schweitzer aveva una enorme importanza. Frequentando le lezioni sulla confermazione, sentiva il bisogno di porre continuamente domande, di approfondire il tema e dimostrare la sua fede. Per lui il ragionamento non era mai un ostacolo alla fede, ma una possibilità di capirne meglio l’essenza. Alberto rifletteva anche sul diritto alla felicità. “Sempre più chiaramente capivo che non mi era consentito di considerare la mia felice giovinezza, la salute, la mia energia lavorativa come qualcosa del tutto naturale. Dal fondo del mio senso di felicità, cresceva in me la comprensione delle parole di Gesù, che la nostra vita non ci appartiene. Chi ha avuto molto, deve dare molto. E chi è stato risparmiato dalla sofferenza, ha l’obbligo di mitigare la sofferenza degli altri. Tutti dobbiamo accollarci il fardello della sofferenza che regna nel mondo”. Queste riflessioni lo condussero al più importante passo della sua vita. Decise di operare come pastore fino al trentesimo anno di età, di insegnare, di occuparsi di musica, e poi di mettersi al servizio dell’umanità. E’ interessante constatare come lui stesso non sapesse con precisione quale sarebbe stato questo servizio, ma era sicuro che il tempo gli avrebbe portato la risposta che attendeva.

   Schweitzer cominciò a realizzare ciò che aveva deciso. Terminò gli studi di teologia, filosofia e musica, perfezionandosi non solo nel suonare l’organo, ma anche analizzando la musica di Johann Sebastian Bach (scrisse il libro Johann Sebastian Bach, il musicista – poeta). Cominciò anche a lavorare come vicario in una parrocchia di Strasburgo, e teneva lezioni sul Nuovo Testamento. L’attività teologica di Schweitzer era concentrata attorno al tema della storicità di Gesù e dell’apostolato di Paolo. Analizzava la figura di Gesù alla luce dei tempi in cui era vissuto il Salvatore, sottolineando che il motore della sua missione era l’escatologia. Schweitzer indicava anche le differenze tra Cristo e l’apostolo Paolo.

   Osservando la sua vita prima della partenza per l’Africa, dobbiamo considerare che davanti a questo giovane uomo si delineava una brillante carriera e non in un campo solo. Ma, benché avesse già riportato significativi successi, non si sentiva soddisfatto. Si chiedeva continuamente come poteva aiutare gli altri. Questa possibilità si presentò in un modo del tutto inatteso. In una rivista Schweitzer lesse un articolo su una missione nel Congo, in cui era descritta la spaventosa miseria della popolazione locale e l’assoluto bisogno di medici. Benché si stesse occupando di cose completamente diverse, sapeva di aver trovato la strada giusta, e che era proprio quello il servizio che desiderava svolgere. “Il vero servizio infatti è quello di mettere in atto l’amore. Ritengo che si tratti qui dell’”essere o non essere” della religione. Per me la religione è “essere uomo”, in breve: essere uomo come lo intendeva Gesù”.

   La decisione di Schweitzer lasciò a bocca aperta i suoi conoscenti, ma ciò malgrado egli iniziò gli studi di medicina, respingendo con coraggio i rimproveri di quelli che lo consideravano un folle. Per lui quella era la scelta giusta. Non voleva più teorizzare, non voleva insegnare la teologia, trasmettere alla gente la buona novella, e al tempo stesso accettare che da qualche parte morissero creature bisognose. “Finalmente mi sono reso conto che lo scopo della mia vita non è l’arte, né la scienza, ma l’uomo, ed è il fare qualcosa nello spirito di Cristo…”Quanto avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me”. L’aria tende sempre al vuoto: così dunque anche le persone consapevoli delle leggi dello Spirito, dovrebbero andare là dove c’è bisogno dell’uomo”. Ciò che forse nel modo più sorprendente attesta la eccezionalità di Albert Schweitzer è il fatto che, quasi fino alla sua partenza, non trascurò nessuna delle sue attività. Studiando, continuava a predicare, a insegnare e a dare concerti.

   Il 26 marzo 1913 Albert Schweitzer con la moglie lasciò la Francia e si recò in Africa. Si stabilì nel piccolo villaggio di Lambaréné, dove si occupò subito della costruzione di un ospedale. Lavorava in condizioni molto difficili, ma sapeva quanto egli fosse necessario a quella gente che moriva di fame, che viveva in una estrema miseria, tormentata dalle malattie. Schweitzer non cessò la sua attività pastorale, da medico continuò a predicare, benché all’inizio, a causa delle sue ardite tesi teologiche, la Compagnia Missionaria Evangelica di Parigi, non gli avesse concesso l’autorizzazione. Come lui stesso tuttavia affermò, il suo lavoro in Africa non era troppo legato a questa Compagnia.

   Schweitzer non considerava mai la confessione religiosa o la nazionalità, non convinceva nessuno, rispettava le idee degli altri. Lavoravano con lui cristiani, buddisti ed ebrei, erano medici provenienti da paesi diversi. Senza dubbio questo spirito di tolleranza proveniva dalla sua casa ed era legato all’Alsazia, dove regnavano rapporti religiosi abbastanza buoni.

   La pratica in Africa portò nuovi frutti. Proprio là Schweitzer sviluppò la sua etica del rispetto per la vita. Quando veniva in Europa esprimeva apertamente i suoi principi etici. Gli stava a cuore un avvicinamento tra paesi in via di sviluppo e il terzo mondo, parlava di riconciliazione tra le razze e le nazioni. Nella sua visione della pace mondiale non c’è soltanto la creazione di organizzazioni operanti a favore della pace. “Queste organizzazioni non sono in grado di ottenere qualcosa, se tutti i popoli non aspireranno alla pace e al disarmo”.

   Guardando oggi all’opera di Schweitzer, vediamo che in realtà la situazione non è cambiata molto. Il mondo è sempre immerso nell’odio e nella sofferenza, e la fede, che dovrebbe attuarsi in azioni, è una parola vuota. Albert Schweitzer aveva deciso di essere nella sua vita un vero uomo che segue Cristo. In questo era ottimista e sperava molto – credeva nel futuro dell’umanità, credeva nella forza della verità e dello Spirito. Perciò, riflettendo sul futuro del cristianesimo, vale la pena di ricordare questo pastore e medico, e di capire che:  soltanto attraverso l’amore possiamo raggiungere la comunione con Dio. Ogni vero e sincero sentire Dio porta a viverlo nei nostri cuori come sete d’amore.

 

(C) by Paolo Statuti

 



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