Era da tempi immemori che non andavo all’Ikea. Se posso, evito: bambini appiccicosi che gridano, famiglie, madri randagie che difendono con invisibili martelli i loro cuccioli da sgomitate, angosce attorno a case nuove con mutuo, padri inspiegabilmente avvenenti (ma questi quando non erano padri dove cxxxx erano?). Angosce sul mutuo, sull’assenza di mutuo. Riflessioni. No, no, no: se posso, evito. Eppure mi serve uno specchio a figura intera, mi dico: devo andare.
Si cresce: andai all’Ikea da studente per comprarmi uno specchio per la mia toeletta, e quindi a mezzo busto, vi faccio ritorno per averne uno a figura intera. Cioè non si cresce, tecnicamente, si ingrassa. Non è vero nemmeno quello, semplice semplice: cioè non si cresce, tecnicamente, ci si guarda. (Non so voi ma io nella parte hard della giovinezza ho sempre evitato l’introspezione dei difetti).
Quando mi sono decisa ad andare, ho accuratamente scelto una giornata senza famiglie: un venerdì mattina di luglio. Salvo accorgermi che c’è qualcosa di peggio dell’Ikea con le famiglie: ed è l’Ikea senza famiglie, con i suoi spazi adibiti ai bimbi, alle mamme e ai papà senza di loro. Tutti quei vuoti da riempire che quando vai di sabato sono gentilmente riempiti dagli altri. Quando sono vuoti sono vuoti e punto. Diventano un vuoto personale, soggettivo. Diventano il mio vuoto. La mia vita vuota priva di persone di contorno, individuale, indipendente, idiosincratica.
Il settore degli specchi e cornici è l’ultimo, per cui mi sono fatta tutto il percorso obbligato tra letti vuoti, cucine pulite e bagni igienici. Tutto è andato liscio, la climax è montata inconsciamente finché non sono arrivata di fronte a una bellissima tortiera vuota e trasparente. A quel punto non ce l’ho più fatta: sarà stato che era poi il secondo giorno di mestruazioni, ma mi sono detta con gli occhi lucidi: ”basta, voglio farmi una famiglia!”. Voglio un vestito anni ’50, 2- 3 marmocchi che mi tirano gli orli del mio vestito. Voglio quelle ballerine e il vestito a pois. Basta tacchi 12. Basta moscow mule fino a tardi, basta clubbing, basta: voglio dei bambini. Voglio la casa che profuma di torta al limone.
Tutti questi vuoti, una tortiera da riempire, una casa nuova con mutuo da pagare (ahah per un monolocale, recitava il punk veneto), dei contenitorini per cucpcake da metterci i cupcake. Sono andata al bagno: bagno per donne, uomini, e famiglie. Tutto vuoto, vuoto.
Poi sono uscita e ho cambiato idea. Cioè, non subito. Dopo qualche ora.