Questa citazione mi ha molto colpita. Per chi abita in campagna come me e ha a che fare ogni anno con rigidi inverni, sa bene che all'inverno bisogna arrivare preparati. L'inverno a volte arriva quando non te lo aspetti ed è una stagione lunga e difficile da affrontare. Poi un bel giorno, quando credi che durerò per sempre, vedi spuntare il primo fiore che buca la neve e fa capolino annunciando l'arrivo dell'agognata primavera.
Quindi prepararsi bene è fondamentale. Una volta la preparazione all'inverno durava tutta l'estate: come non pensare alla favola della cicala e della formica? Ora sembra invece che nessuno pensi più all'inverno, che nessuno più lo aspetti, che sia sempre molto lontano, quasi non debba mai arrivare. E a questo punto quando arriva davvero sono guai seri.
La metafora calza a pennello se la leggiamo con gli occhi di chi sta vivendo questa crisi mondiale di cui tanto si scrive e si parla. Non è della crisi che voglio parlare, nè di politica. Voglio parlare del contesto da cui ho tratto la citazione di Mario Rigoni Stern: la VI Conferenza nazionale dei musei d’Italia organizzata da ICOM Italia alla Fondazione Stelline di Milano il 15 novembre 2010.
All'assemblea plenaria di tutti i musei d'Italia Daniele Jalla, neoeletto al Consiglio Direttivo ICOM, durante la sua presentazione del Codice Etico ICOM ha commentato "Siamo alle soglie dell’inverno, ma non è stata tagliata la legna e non abbiamo i soldi per comprarla". Ecco il senso della sua citazione.
Alla conferenza, dedicata al tema "Etica e sostenibilità", è stata presentata la situazione attuale dei musei italiani, tutt'altro che rosea, alla ricerca di confronto e condivisione di soluzioni utili a migliorarla.
A questo proposito, il presidente di ICOM Italia Alberto Garlandini ha lanciato quattro proposte di riflessione e di azione come patto per la sostenibilità della gestione museale.
- La difesa del capitale umano dei musei. Un museo non vive solo delle sue collezioni, ma principalmente delle professionalità che rendono queste collezioni fruibili da parte del pubblico, protette, divulgate, professionisti e anche volontari competenti che si impegnano per una gestione trasparente, competente, efficace, efficiente. Senza le persone, il museo è morto. Spesso si è detto e scritto che mai e poi mai ci sogneremmo di lasciar fare a un imbianchino o a un avvocato il lavoro di un medico. Allora perchè lasciamo che siano economisti o giuristi a fare il lavoro del museologo?
- Un impegno forte per concentrare le scarse risorse disponibili su istituti e attività culturali permanenti. Inevitabile, di fronte alla scarsità, è una selezione. Già è stato fatto, lo si continua a fare, ma le prospettive future sono sempre meno rosee: si prevede tra 2011 e 2013 un'ulteriore pesante aggravio della crisi, con tagli delle risorse a Regioni ed enti locali, con grave effetto cascata, il tutto appesantito dalla stretta ancor più serrata dei vincoli del patto di stabilità. La traduzione? Più tagli, meno risorse. Il che significa meno attività, meno personale, meno cultura. Per questo Garlandini proponeva di evitare iniziative effimere e improvvisate, a favore della concentrazione su attività che siano capaci di risultati concreti e permanenti, che sono le sole ad avere alto valore pubblico. L'obiezione di Gianfranco Maraniello, direttore del Museo d'Arte Moderna di Bologna: sono proprio le attività effimere come le mostre a finanziare il cuore dell'attività del MAMBO, la gestione ordinaria, la mera apertura delle sale al pubblico. Già da qui si evidenzia come la situazione sia ancor più complessa di come appare.
- Il ripensamento gestionale. Secondo Garlandini bisogna superare l'illusione di fare da soli, ma puntare al massimo della cooperazione, aumentare la capacità di agire in rete e gestire in forma associata. E' il tempo di decisioni fattive e sperimentazioni coraggiose. Anche qui la situazione va però valutata caso per caso: soprattutto i giuristi mettono in guardia dal vedere l'associazione come la panacea per ogni male. L'intervento di Carla Barbati ha illustrato come la gestione partecipata alla prova dei fatti debba confrontarsi con una grande complessità del sistema, con problemi del sistema amministrativo oltre che con problemi intrinsechi, a causa del recepimento ancora incompleto dei principi di sussidiarietà verticale e orizzontale. La mancanza di atti normativi e amministrativi chiari e vincolanti rende difficile se non impossibile la piena operatività della gestione associata, complicata anche dallo statuto speciale dei beni culturali. Si creano quindi le condizioni per cui possano essere contemporaneamente operanti diversi sistemi, con tutti i problemi che ciò comporta.
- La sussidiarietà. Vanno favorite, secondo la proposta di Garlandini, la partecipazione volontaria e la sinergia pubblico-privato. A questo scopo le regole devono essere chiare e i controlli efficaci: deve vigere la meritocrazia e devono essere potenziati i benefici fiscali.
Gestire i musei è un compito difficile e delicato. Ciò che occorre è costruire una nuova sostenibilità della gestione con lo scambio di idee e di buone pratiche, l'integrazione, il confronto con i decisori.
Spesso è proprio la comunicazione a mancare, quando invece è l'elemento basilare e fondamentale, imprescindibile per il buon funzionamento degli ingranaggi a tutti i livelli.
Le esperienze emerse nei workshop pomeridiani hanno evidenziato quanto siamo tutti sulla stessa barca, a confrontarci con difficoltà nella continuità dei progetti, mancanza di personale qualificato, vincoli di temporalità, carenza di fondi, vincoli troppo rigidi della burocrazia e della pubblica amministrazione, limiti di programmazione, problemi di trasparenza e responsabilità.
La continuità delle competenze sarebbe un punto fondamentale, ma siamo nell'impossibilità di conferire incarichi duraturi, che causano un dannoso sfrangiarsi dei team di lavoro. Dopotutto, si dice ovunque che questa è la generazione del precariato. Ed ecco l'impossibilità, per il paese con il maggior patrimonio artistico e culturale mondiale, di relazionarci con partner europei.
Il nostro patrimonio è il più significativo al mondo: potrebbe costituire il vero valore aggiunto della nostra società, appianare le diversità, favorire identità e integrazione, contribuire a formare cittadini migliori. Perchè non possiamo averne maggior cura? Cosa dobbiamo fare ora? Continuare a tamponare o far emergere le criticità e cercare di superarle? Forse entrambe le cose. L'importante, a parer mio, è cominciare.