La riflessione oggi su “il Giornale” da parte di Alessandro Sallusti riprende quella sciagurata frase dello “Spiegel” tedesco che, in occasione del disastro della Concordia, scrisse che “Uno come Schettino non può che essere italiano”, e che la tragedia era prevedibile in quanto un comandante tedesco o britannico non avrebbe mai abbandonato la nave ed i suoi passeggeri.
Italiani “maschi bravi, capaci di parlare con le dita e con le mani, in principio gente incapace di fare del male, ma bisognerebbe tenerli lontani da macchinari pesanti e sensibili, come si vede”.
Ora, vedendo il sistema scelto da Lubitz per suicidarsi, bisognerebbe pensare altrettanto dei tedeschi?
Giustamente Sallusti commenta che a fronte di un incosciente come Schettino c’era un altro comandante italiano che gli intimava di tornare a bordo, così come a fronte di un lucido suicida cone Lubitz c’era un altro pilota tedesco che ha tentato di tutto per riprendere in mano la situazione, ed è l’unica cosa sulla quale concordo con il direttore de “il Giornale”.
Nei titoli e negli articoli giornalistici trapela purtroppo una certa soddisfazione: soddisfazione allora che il comandante della nave fosse italiano, soddisfazione oggi che il copilota fosse tedesco, ma è fuori di luogo e molto amaro parlare di soddisfazione quando di mezzo ci sono tante vittime innocenti.
Inoltre il paragone tra i due avvenimenti è poco consono: l’unico appunto forse lo si può fare alle due compagnie (Costa e Germanwings) per aver messo ai comandi la prima un irresponsabile, la seconda un uomo quasi certamente malato psichico senza aver prima eseguito i necessari controlli attitudinali e medici. Mi sta bene però che Sallusti abbia risposto per le rime allo Spiegel che già a suo tempo ci aveva etichettati TUTTI, come mangiaspaghetti mafiosi e pure razza inferiore.
Nel dubbio, cari amici tedeschi, meglio evitare di dare lezioni ed etichette agli altri.
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