Etimo, vedi alla voce: Metro

Creato il 05 maggio 2011 da Luciusday
Un giorno come un altro nella capitale. Milioni di persone che da fuori si riversano in città, dalla città si riversano all'esterno, girano all'interno del raccordo anulare dirette a scuola, al lavoro, all'università o - perché no? - a un'appuntamento di piacere con gli amici o con l'anima gemella. Alcuni sono "motorizzati", o, passatemi il gioco di parole, "autorizzati" per poter percorrere certe strade; altri, per evitare il traffico snervante o semplicemente per risparmiare benzina e tempo (anche se sul secondo elemento ho qualche perplessità) usufruiscono dei veloci ed efficienti mezzi pubblici che il servizio pubblico mette loro a disposizione (ironia pura): c'è chi sale su autobus più o meno affollati, chi monta sul tram, chi prende il treno metropolitano. Poi ci sono quelli che scendono in misteriose grotte fatte a scalini, il cui ingresso è contrassegnato da una grande "M", e li vedi scomparire e non far più ritorno. Essi costituiscono il maggior volume dei cosiddetti pendolari, e sono quelli che prendono la metropolitana.
La metropolitana di Roma, ideata assai in ritardo rispetto alle sorelle europee, fu progettata sotto il governo fascista in vista dell'Esposizione Universale del 1942 e completata successivamente nel 1955 (linea B) e nel 1980 (linea A); ampliata ulteriormente nel 2000, adesso vede in progetto un percorso secondario della linea B (cosiddetta linea B1) e altre due linee (C e D), ma è inutile spiegarvi che dati molteplici fattori (moltiplicazione dei processi burocratici, revisioni ai piani regolatori, difficoltà nei lavori date le continue scoperte archeologiche e i resti della antica romanità) essa ha subito e continua a subire uno sviluppo tutt'altro che celere. Ma non scrivo qui per trattare delle problematiche tecniche e amministrative del mezzo di trasporto più utilizzato a Roma, per le quali vi rinvio all'apposito articolo di Wikipedia che tutto sa e tutto ignora.
Quello di cui voglio parlare è di come il mondo "sotterraneo" appaia assai diverso da quello in superficie. Quando scendiamo, infatti, abbandoniamo per un po' il cielo e le nostre certezze, ritrovandoci assieme a sconosciuti coi quali condividiamo solo un mezzo di trasporto e, a volte, la meta. Il serpentone metallico che ci ospita apre a noi le sue porte, disposto a ospitarci per quel tanto che serve; subito esse si chiudono e via, verso la destinazione. Spesso l'unica voce amica ad accompagnarci è quella che ci avverte della prossima fermata e da quale lato uscire, non si sa mai qualcuno cascasse di sotto, sbattesse addosso a una porta chiusa o, a causa della confusione, dovesse pianificare il tragitto per raggiungere la porta utile più vicina per uscire. Altre volte succede che a percorrere in lungo e in largo questo grande animale metallico siano persone a lui legate da un clandestino vincolo di sangue: suonatori, cantanti, ballerini o semplicemente mendicanti alla ricerca di quel po' che basta per un pasto caldo. E' incredibile vedere quale spesso muro invisibile venga a ergersi tra essi e le altre persone sedute, solo raramente penetrato da qualche mano gentile o sensibile.
La gente, le persone. La metropolitana è utilizzata ogni giorno da persone di ogni zona ed estrazione sociale (certo, magari non dai più schizzinosi o claustrofobici), e quando scompari dentro le gallerie ti ritrovi compresso, costretto a questo involontario viaggio di gruppo. Il bello è che hai in piccolo una visuale a trecentosessanta gradi del mondo "di fuori": ci sono tutti i modelli di persone che puoi incontrare sopra. L'impiegata, l'operaio, lo studente, l'affarista in carriera, lo straniero. Alcuni passano il tempo leggendo, altri ascoltando musica; c'è chi risolve un cruciverba o un sudoku. I più arditi guardano un film su un dispositivo portatile, altri tentano di studiare la lezione del giorno o di ripassare per l'imminente esame; altri ancora chiacchierano o, più semplicemente, tacciono preoccupandosi di individuare la loro fermata e scendere in tempo, per non rischiare di rimanere ancora tra le spire bianche di questo serpente. 
Li guardi, ognuno di loro ha una storia da raccontare o persone a cui donare amore, ognuno qualcosa da tener celato. Le gallerie della metropolitana non costituiscono solo l'intimità sotterranea della capitale, ma ci costringono, nel tempo in cui ci inabissiamo, a scavare nei nostri pensieri, a raggiungere la nostra, di intimità. Così un "viaggio" in metro diviene ogni volta un'occasione per riflettere e riscoprire se stessi alla luce degli altri, in un mondo perennemente temporaneo quale quello sotterraneo in cui mille altri mondi, mille altre persone a volte riescono anche a scambiarsi un saluto. E allora mi piace considerare la metro nel suo senso etimologico, derivando essa direttamente dal termine greco μητηρ, ossia come una "madre" che, anche se un po' scioperante e dispettosa, collega tutta Roma, e tutti unisce.

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