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Ettore Bonessio di Terzet: Il mistero del freddo e la ballerina di Genova

Creato il 29 febbraio 2012 da Vsgaudio @vuessegaudio

Ettore Bonessio di Terzet: Il mistero del freddo e la ballerina di Genova

Licini, Volare 1956




Ilmistero del freddo
Nell'ultimoanno isolati dai segnali colfreddo che scivola gli scarponisullago tra i primi boccioli verdi.
Hannocontato le foglie del gineprosecondoil leggendario proteggere lecase dalle strazianti malattie.
Nessunaparola dentro la paura simuovono lenti sopra le fosseattendendoi cavalieri di Dürer.
Soffiail vento feroce sui valloniscavatiin antico, un vento da estovestchescava la faccia alla sculturadistruttoil calice e la fiaccola.Passanoe cantano barcollanti di seraperraggiungere un posto sicurochetroveranno nella pancia di unabalenainghiottita dal capitano.
Ilpasso sconosciuto distrugge le ore cherimangono alla grande lottaincontrofatale nell'ultima valle.
ai Vigili del Fuoco
E' morto un pompiere.Non so dovein quale parte del mondo.Non aveva fatto commercio nècontratto con l'eterno, non aveva contraccambiato la sua mortecon alloro, mai la sua vita con doni, avevaaccettatoquello per cui fuoco e acqua combattevano.Aveva visto nel fuoco la distruzione che doveva contrastare con la pompa da dove usciva l'acqua santificata dalle sue maniferme e fredde, che non temevano se non la caduta dellaforza che veniva dal casco rosso e oro, lucido come aureola barocca. Aveva sempre vissuto tra la gioia e lo sconforto quando il fuoco mangiavaignobilmente innocenti e quando la sua opera pareva inutile. Non si sentiva eroe nè diverso, non sentiva colpe e fantasmi, non condannava nessuno, non odiava neppure il nemico, ma con le sue mani rosse alzava i calici in famiglia econ gli amici di quel liquido rosso che lui non paragonò maial fuoco.Sarà poi morto un pompiere? E le mappe solo un disegno bislacco dicartografi desiderosi ditrovare novità anche nelle aride arocce di Atlantide?
*
Stupite per la diffidenza mostrata festose andando sicure, escono dalla carne contorta mangiata dai vermi.Siamo come voi con la paura di  mani che schiacciano, di pinzescientifiche che ci trasformanoper sempre.
*
da Hopkins, conlui, e poi ...
Padre Hopkins, tu che sapevi e sai tu che hai scritto per i morti per acqua aiutami a parlare attorno e difronte all'isola piccola e felice tra l'oscurità della notte e le luci della festa, isola del simbolo di chi Tu riconoscevi, a cui raccomandavi le persone in pericolo da ognidissennatezzaerrore o macchinazione, soprattutto paura legandole ad un discorso molto più alto di quanti sentiamo, voci non di coro ma riti stanchi di uomini slegati dall'Eterno, superstiti di Chardin e diNietzsche. Parole consumate sull'abisso di una retorica falsificatrice cheanche te, padre, colpì perchè criticaviquello che già criticava il Maestro tuocontro tribunali e curie di ben pettinati crini, di stiratissime camicie, di non logori abiti e mani curate lenti dorate che predicano l'opposto, mentre gente si animalizzasempre di più, lasciata senza parola piena, ripiena di possibilità di scegliere la propria vita verso un obiettivo di amicizia e di contraccambio, di onore e gloria autentica, non fine a se stessa, onore e gloria riportate quisulla terra, regno degli uomini indiati, di uomini che non potranno avanzare per la povertà di una o pochepersone che pensano alla loro sbornia o civetteria, al nostropersonalismo e narcisismo che portano alla morte per annegamento, alla dispersione che noncancelleranno i sogni cristallizzati ogni sera inmostri e fantasmi.Non posso seguirti, Padre, nella consonanza di una poesia dotta, in una lingua e in un  tempo diversi, e data la differenza di intelligenza tra noi accetta con i silenziosisoccorritori dell'umanità il mentre dico. So che la poesia oggi non è accettata come i superiori Tuoi,  noncalatasi nella nostra gente che la vede distante e non adessa destinata ma per pochi distratti dellarealtà, gente che non pensa alla pensione, alla percentuale del profitto, al miglioramento del pil. Poeti, non comuni mortali che tentano solo di essere pari al gene proprio, di avvicinarsi alla destinazione ultima dell'umanità ovvero diritornare al punto omega che è anche alfa, porto di arrivo e di partenza dove il capitano saluta la nave in allegria dopo aver preparato tutto per il ritorno, senza nessunaidea di naufragio perchè confidante nell'amico in plancia che non tradirà mai, la sua prerogativa di traghettarore di anime verso lo splendore di un porto non sepolto ma pavesato a festa. Se questo non dovesse vedere, il pianto non sepellirà gliscomparsi ma rigenererà i disperati e i vili e coloro che sono nel terrore e nel disorientamento, allungando una mano che affettuosamente li porterà al ricovero da se stessi.Padre Hopkins, tutti coloro che hanno aiutato entrino nella tua poesia, nelTuo continuo pensiero legato a quello eternamente generativo del Padre, e ti chiedo di averecomprensione epietà per quelli che agognano di capire.
*
ai cantanti adagio
ruggiti e pianti e sgangherate urla inmelodie e inni maledetti, in modulazioniferite come lo scorrere del tempo o il suo indietreggiare all'inizio.Si taglia la gola al canto d'amaresenza amicizia, dentro tuttosi schianta.Povero cantare solo che singulta al niente trovato nel recitare amore  lasciando nuda la spossata animaal bisogno di carezze attraverso i capelli ancora sudati per la fuga
*
La ballerina diGenova
Ballerina che ballisull'invisibile filonon guardare inbasso e solo alroteare attenta peressere di nuovo perfezionepossibile del movimento.Quando scendi nelduro terreno altrasei rimanendoballerina, senza distrartiper le stupiditàche senti, ma nella mentesempre lassù,ripensando alle figureche vuoimigliorare, che volerai sul filotranquilla sicuraassicurata al cielo da filiche solo tu senti enessuno potrà maitagliare  se non il tuo gene che accettastiquella poesiagenerosa che intelligenze vedono.
*Quando saremo all'omega saremo all'alfaoriginati in altro.
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epitaffioprovvisorio
Sono poeta. Pensai e amai senza perdermi tra cari amici,don Bruno Paolo Mariuccia Romolo e don Raffaè. Gradirei che l'Eterno avesse letto i miei poemiperché mi fido del suo giudizio.
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