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Eugenio Scalfari e la pagella a Matteo Renzi: NEGATIVA

Creato il 11 agosto 2014 da Tafanus

Colpevolmente ieri, domenica, per ragioni di festeggiamenti familiari, non ho dato conto dell'articolessa domenicale di Eugenio Scalfari, che ormai uso come termometro del rapidissimo allontanarsi delle intellighentziae dall'iniziale innamoramento per le politiche futuriste (nel senso peggiore, marinettiano) del Bischero di Frignano. Riporto oggi la parte più rilevante dell'articolo, a beneficio di chi se lo sia perso. Tafanus
Matteo Renzi è bravissimo ma la pagella finora è negativa - Il premier aveva detto che sull'andamento della politica economica ci avrebbe messo la faccia, ma in realtà se metterci la faccia significa andarsene, ha rapidamente cambiato idea (di Eugenio Scalfari)
Eugenio-scalfari[...] L'attualità di questi giorni è dominata da due avvenimenti, entrambi italiani, la riforma del Senato che come Renzi voleva è stata approvata in prima lettura nel testo voluto dal governo e contemporaneamente, la cattiva sorpresa di un calo dello 0,2 per cento del Pil nel secondo trimestre dell'anno in corso, dopo un calo dello 0,1 per cento nel primo trimestre il che significa una perdita dello 0,3 nel semestre. Tecnicamente e sostanzialmente siamo in recessione.
Renzi aveva detto che sull'andamento della politica economica ci avrebbe messo la faccia, ma in realtà, se metterci la faccia significa andarsene, ha rapidamente cambiato idea. Debbo dire che ha fatto bene, le sue dimissioni avrebbero aperto una crisi estremamente difficile proprio nel momento in cui l'Italia ha la presidenza semestrale dell'Unione europea. Finora non si è ancora avuto alcun segnale di questa presidenza che avrebbe dovuto conferirci meriti e poteri di intervento ma temo che non si verificherà perché i dati dell'Istat equivalgono ad una pessima pagella.
Renzi dice che il calo del Pil non ha alcun significato, anzi lo spinge ad accelerare il risanamento. Non dice come e attingendo a quali risorse che francamente non ci sono. E poi interviene Mario Draghi con tutta l'autorità che gli deriva dalla competenza che ha e dalla carica che ricopre.
Su Draghi e i suoi recenti interventi che ci riguardano direttamente i giornali e lo stesso Renzi hanno fatto molta confusione eppure le sue parole sono state chiarissime. Ha detto che l'Italia deve finalmente affrontare le riforme economiche (finora non ne ha fatta alcuna salvo quella degli 80 euro sulla quale spenderemo tra poco una parola); le riforme secondo Draghi debbono affrontare tre temi: la produttività, la competitività e la crescita; le riforme istituzionali possono essere anch'esse perseguite ma non possono sottrarre tempo a quelle economiche: o vanno di pari passo, sempre che il calendario delle Camere lo consenta, oppure sono quelle economiche a dover essere privilegiate.
Infine - e questa è a mio avviso la richiesta fondamentale - Draghi ha esortato i governi europei a cedere nei prossimi mesi ampia sovranità all'Europa soprattutto su temi riguardanti la politica economica; senza queste cessioni di sovranità difficilmente usciremo dalla situazione di deflazione che ormai minaccia l'intera economia europea e quella italiana in particolare. Dal canto suo il presidente della Bce a settembre aprirà il rubinetto della liquidità come ha già da tempo annunciato con due finalità ben precise: ravvivare il rapporto tra le banche e la loro clientela (specialmente in Italia dove questo non accade ancora in modo soddisfacente) e diminuire il tasso dell'euro nei confronti del dollaro per favorire le esportazioni e quindi rafforzare la domanda di beni e servizi europei.
Mi permetto di ricordare che domenica scorsa ho scritto che per combattere la minaccia incombente della deflazione l'Italia dovrebbe accettare l'arrivo della "troika" internazionale che, a differenza di qualche tempo fa, è ormai orientata a favorire la crescita, lo sviluppo e l'occupazione. Draghi parla di importanti cessioni di sovranità: diciamo su per giù la stessa cosa. Sugli 80 euro la situazione è chiarissima: dopo tre mesi i consumi non si sono mossi, gli 80 euro soddisfano i beneficiari e questo è evidente, ma il risultato economico che si sperava ci fosse non si è verificato. Anche su questo punto Renzi l'aveva dato per certo e ci metteva, come dice lui, la faccia. Ho già detto che non può farlo per mancanza di alternative ma sarebbe proprio lui che dovrebbe favorirne la nascita. Invece non lo fa e forse gira con la maschera sul viso. Capisco ma non condivido.

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La riforma del Senato, come pure avverrà per quelle della Camera, del titolo V e della Giustizia, porta due firme: quella di Renzi e quella di Berlusconi. Si sapeva, era necessario e nessuno può dir nulla. Del resto accadde la stessa cosa con il governo Monti. Con quello di Letta no perché c'era stata la scissione di Alfano che però non sarebbe bastata per le riforme costituzionali.
Quanto al resto, sia Renzi sia Berlusconi sostengono che per quanto riguarda la legislazione ordinaria e quella economica in particolare Forza Italia è e sarà all'opposizione. Sarà probabilmente così ma non dipende da Renzi bensì da Berlusconi. Forza Italia non è obbligata da nessun accordo a entrare nella maggioranza e non ne ha neppure l'interesse, ma nessuno può impedirgli quando vuole di votare a favore del governo anche su provvedimenti che non hanno nulla a che vedere con le riforme. Io ho la sensazione che questo avverrà spesso poiché significa che di fatto Berlusconi è il pilastro con Renzi della maggioranza. Può non piacere né in Italia né in Europa, ma se accadrà bisognerà purtroppo prenderne atto.

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Dedico poche parole a quanto hanno scritto alcuni egregi colleghi di altri giornali su questioni come quelle qui finora trattate. Alcuni ripetono che l'abbandono del bicameralismo perfetto metterà la parola fine al balletto che fa perdere mesi e mesi di tempo alle due Camere prima che una legge sia approvata. Ho già fornito da tempo le cifre, raccolte dalla segreteria del Senato, che smentiscono quest'affermazione: i tempi non sono affatto lunghissimi e variano, secondo la natura dei provvedimenti, tra i cinquantasei e i duecento giorni. Come si vede niente di paralizzante. Viceversa sono ancora privi di attuazione ben 750 provvedimenti approvati da entrambe le Camere ma privi dei regolamenti attuativi e di altrettanti decreti ministeriali che dipendono dalla burocrazia dei singoli ministeri. Il male dunque è qui e non nel bicameralismo.
Sulla "Stampa" di ieri un egregio collega ripeteva la filastrocca del balletto, ma sullo stesso giornale la senatrice a vita Elena Cattaneo in una lettera al direttore segnalava le ragioni per cui si è astenuta nel voto finale (al Senato l'astensione vale come voto contrario). È la lettera di una persona che non parteggia per alcun partito e non ha pregiudizi di sorta ma cerca di dare giudizi lucidi e motivati.
Infine sul nostro giornale di venerdì il professor Crainz ricorda che De Gasperi fu sempre e tenacemente favorevole al bicameralismo perfetto perché temeva che una sola Camera finisse per trasformarsi in una "assemblea giacobina" nel senso che avrebbe seguito pedissequamente le decisioni del demagogo di turno. Molti hanno spesso richiamato pareri di alcuni "padri costituenti" contro il bicameralismo, ma nessuno aveva ricordato il parere di Alcide De Gasperi che non è certo un nome da poco, perché è stato il vero costruttore della Repubblica italiana.
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