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Eugenio Scalfari sempre meno renziano?

Creato il 03 agosto 2014 da Tafanus

Sembrerebbe di si. Ogni settimana che passa si discosta sempre di più dallo Scalfari del "temporaneo innamoramento" e comincia - udite! udite! - a dire le cose che diciamo noi dalla Leopolda 1° ("Prossima fermata: Arcore"). Dell'editoriale di Scalfari di questa domenica (molto lungo) riprendiamo solo la parte centrale, che riguarda, per l'appunto, il Bischero di Frignano. E pazienza se qualcuno ci accuserà di "occuparci solo di Renzi". Ma di cos'altro o di chi dovremmo occuparci, di grazia? di Salvini? di Angelino? di Pierferdi? Costoro sono degli inutili vassalli. Quindi continuiamo ad occuparci dell'aspirante Don Rodrigo, e dei suoi Bravi. Tafanus

(Dall'editoriale odierno di Eugenio Scalfari)

Eugenio-scalfari
[...] Matteo Renzi vuole mettere il Senato nelle mani dei Consigli regionali. Sarebbe molto meglio abolirlo che affidarne il simulacro alla classe politica più mediocre e più corrotta che vi sia nel nostro Paese. Personalmente vorrei che il Senato rinunciasse al potere di dare o negare la fiducia al governo ma conservasse tutti gli altri poteri inerenti al Legislativo e i suoi membri, ridotti di numero come possibilmente dovrebbe farsi anche per la Camera dei deputati, continuassero a essere eletti dal popolo sovrano. Ma se questi obiettivi sono impediti dall'alleanza Renzi-Berlusconi, allora aboliamolo e basta. Renzi dovrebbe essere contento perché il suo vero obiettivo è il Monocamerale.
Avete qualcosa contro il Monocamerale? Io no. C'è quasi in tutta Europa, a cominciare dalla Gran Bretagna che è la patria della democrazia. Il Monocamerale però rafforza notevolmente il potere Esecutivo, quindi ci vogliono contrappesi numerosi altrimenti il pericolo d'un governo autoritario si profila inevitabilmente. Gli osservatori gli hanno dato vari nomi. Qualcuno lo chiama dispotismo democratico. Altri autoritarismo o centralismo democratico. Altri ancora egemonia individuale. Ma la sostanza è la stessa, i pessimisti ad oltranza rievocano addirittura i rapporti tra il Direttorio e Napoleone Bonaparte.
Personalmente sono meno pessimista e quando penso al nostro presidente del Consiglio il cursus di Napoleone non mi viene neanche in mente e neppure quello di Benito Mussolini. Però mi viene in mente Bettino Craxi, quello sì, e debbo ammettere che non mi piace per niente. Craxi era un socialista, ma di destra non di sinistra. Era alleato della Dc che aveva molti più voti di lui ma i suoi erano determinanti, quelli democristiani erano divisi in correnti molto in contrasto tra loro. Lui avrebbe voluto che Berlinguer lo appoggiasse restando però all'opposizione. Un piano alquanto bizzarro.
Anche Renzi vorrebbe che la sinistra lo appoggiasse e perfino i 5Stelle. Ma il vero cardine è con Berlusconi, la sua forza sta lì, nel patto del Nazareno.
La battaglia al Senato gli sta riservando qualche sgradevole sorpresa, ma il progetto non cambia salvo qualche adattamento di facciata.  La proposta più recente riguarda l'introduzione delle preferenze nella legge elettorale. È una concessione importante alla libertà di scelta degli elettori? Affatto. I "raccomandati" saranno sicuri dell'elezione come capilista, gli altri risveglieranno le lobby di tutta Italia, mafie comprese. Il nostro non è un Paese da preferenze. Il solo vero sistema accettabile è il collegio uninominale, con ballottaggio dei primi due, ma nessuno ci pensa più in questo strano Paese. La classe dirigente pensa ai propri interessi, la gente è indifferente, della riforma del Senato e della legge elettorale non gliene importa niente come del resto non importa niente neppure all'Europa. È un gioco tutto italiano, e il circuito mediatico lo moltiplica. Ci si accapiglia sul nulla, ma dietro a quel nulla ci sono progetti di potere coltivati con grande abilità [...]
L'economia non va affatto bene. Questa settimana l'hanno dichiarato esplicitamente il ministro Pier Carlo Padoan e anche Renzi, le cifre fornite dall'Istat sull'occupazione e sull'andamento del debito e del Pil lo confermano; quelle della Svimez danno un quadro di disperazione per l'andamento del Mezzogiorno. Infine il commissario alla spending review Carlo Cottarelli l'ha messo nero su bianco: il governo vuole spendere in lavori pubblici cifre che non ha e che pensa di ricavare dai tagli sulle spese. In teoria quei tagli - che per ora sono solo teorici - dovrebbero servire a diminuire la pressione fiscale e non a finanziare altre spese.
In una conferenza stampa di giovedì scorso il presidente del Consiglio ha garantito che gli ottanta euro di bonus, pagato a partire dal maggio scorso ai lavoratori con redditi da otto a venticinquemila euro all'anno, saranno pagati anche nel 2015, mentre non saranno estesi ai poveri, esenti dall'imposta personale sul reddito (Irpef).
Questa esclusione conferma le difficoltà finanziarie che sono il vero problema del governo, ma i giornali non hanno colto a sufficienza un altro dato estremamente significativo: il bonus di ottanta euro doveva servire a rilanciare i consumi e quindi ravvivare la domanda. Invece non è accaduto nulla, i consumi sono fermi e in certi settori sono addirittura in diminuzione. L'operazione ottanta euro è dunque fallita (come avevamo previsto quando fu annunciata) e rivela ora la vera ragione per la quale fu fatta: suscitare simpatia elettorale a favore del Partito democratico renziano. Da quel punto di vista il risultato c'è stato alle elezioni europee del 25 maggio; le sbandierate finalità economiche sono invece miseramente fallite; molto meglio sarebbe stato destinare i 10 miliardi (tanto è costata l'operazione) ad una diminuzione dell'Irap in favore delle imprese: avrebbe accresciuto gli investimenti e forse avrebbe contribuito ad una ripresa della produzione industriale con conseguenze positive sull'occupazione. Anche questo era stato suggerito, ma naturalmente non fu ascoltato.

Eugenio Scalfari

0208/0630/1200


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