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Europei di calcio, Balotelli e gli italiani …

Creato il 06 luglio 2012 da Giornalismo2012 @Giornalismo2012
balotelli

- Di Carmen Gueye

I campionati europei di calcio sono terminati: purtroppo per molti, finalmente per altri ( la minoranza).
Iniziati in sordina, sottotono forse volutamente, per non alimentare speranze e anche per simulare un po ‘di pudore ( non osiamo ipotizzare vergogna, sarebbe troppo), a causa dell’ennesimo scandalo in atto, pian piano, un goal lì, un rigore là, un po’ di fortuna, ci si è ritrovati a disputare la finale.
Riteniamo che l’esito fosse scontato, attesa la superiorità iberica, ma ci pare che la squadra italiana abbia accusato un surplus di errori tattici e strategici, con un’uscita a orecchie basse.

Fin qui la nostra stringata cronaca. Dopo, abbiamo assistito a sfilate in alto loco, elogi sperticati, tra i quali salviamo al massimo una lode allo stile del coach Prandelli e poco più. Le luci sull’evento non si erano ancora spente, che già imperversava il gossip su una presunta paternità di Balotelli, e addio ansito sportivo.

Il calcio è una disciplina, a quanto si legge, vecchia assai, ma ha trovato un inquadramento agonistico nel diciannovesimo secolo, in Inghilterra, dove nacque in ambito scolastico e furono stabilite le cosiddette “regole di Sheffield”. Da allora, acqua è passata davvero sotto i ponti, ma una cosa fu subito chiara: che nel nostro paese il nuovo sport avrebbe avuto un gran seguito, a cominciare dalla città di Genova, che ne è ritenuta la culla ( oggi un po’ in declino rispetto ai tempi del “glorioso” Genoa football club).

Il fascismo esaltò le gesta dei nuovi eroi, che si chiamavano Meazza e Piola, per esempio, e negli anni trenta l’Italia vinse due campionati del mondo, benché uno fosse in casa, ma va bene lo stesso: il duce minacciava sanzioni in caso di mancato primo posto, chissà con che animo dovettero giocare i nostri, pur fascistissimi si dice, campioni, allenati dal leggendario Vittorio Pozzo.

Nel dopoguerra evidentemente le cose cambiarono e si insinuò già allora una vernice di fashion nel mondo pallonaro: ricordiamo le nozze tra il portiere della nazionale Buffon ( un nome che ricorre, a quanto pare) e la valletta di Mike Bongiorno, Edy Campagnoli. Tuttavia, molti ancora erano i ragazzi semplici e modesti, provenienti da campagne e campetti parrocchiali, che riuscivano, attraverso il calcio, a sottrarsi a una vita di povertà senza montarsi (troppo) la testa.

Quando però subentrarono personaggi stilosi come il “golden boy” Gianni Rivera, e, di più, furono reintrodotti gli stranieri in campionato, e siamo agli anni ottanta, la spartana impostazione che era riuscita a sopravvivere grazie ai Burgnich, Facchetti o De Sisti, tramontò per sempre.

Il mondo si globalizzò, ignorando la faccia oscura del fenomeno, per esempio i baby calciatori africani: prelevati da una famiglia che paga un procuratore sperando nel riscatto del pargolo, spesso essi vengono abbandonati in Europa alla vita di strada e il presunto manager si rivela solo un laido profittatore.

Ma che importa? The show must go on! Scandali, “combines”? Se ne è sempre parlato, e intensamente da noi, a partire da quelli del 1980; in seguito fu coinvolto anche la star di Spagna ’82, Paolo Rossi, la cui immagine però non ne ha patito affatto.

E che atmosfere, in campo ( non solo in Italia, per la verità): codini, treccine, tatuaggi, orecchini; e le telecamere negli spogliatoi, a inquadrare la preparazione dei guerreri! Sembra di stare nel backstage di qualche stilista. Chissà se qualcuno ha notato la semplicità degli spagnoli, in netta controtendenza.

La macchina tritacarne non si ferma certo perché noi ci scandalizziamo. Business is business, e ci venga perdonato l’utilizzo di tanti termini esteri, ma le telecronache, condotte da ex calciatori, come da oscuri cronisti tuttologi o attempati signori che fingono di azzuffarsi, ormai sono fatte così; tra la descrizione di un polpaccio infortunato, la domanda trendy all’incauto di Bari vecchia e le ultime su chi si fidanza con chi, sapete che c’è? Mi guarderò qualche vecchia partita e vivrò di nostalgia. Largo ai giovani.


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