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[Eventi] Antica Tipografia Artistica Arche Scaligere | Museo Conte

Creato il 24 febbraio 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

5370720Verona è una città molto suggestiva, in particolare verso sera, quando il cielo non è ancora buio ma sulle strade già si proiettano le luci dei negozi. La struttura antica delle vie fa sì che ci sia un dedalo di vicoli in cui è facile sentirsi disorientati, in particolare se ci si distrae a guardare gli scorci dei campanili e delle architetture più antiche; ma è altrettanto semplice non notare i locali più piccoli, che passano inosservati al di là del traffico di turisti e negozi di alte marche del centro.
Sono passato da via Santa Maria in Chiavica per caso, bighellonando senza meta dopo un esame. L’unica luce, dato che i lampioni non erano ancora accesi, proveniva da un’alta e stretta porta di vetro e ferro dell’aria d’altri tempi, sormontata da un arco a sesto acuto e dalla scritta Tipografia che doveva aver visto parecchi decenni.
Si sa che, a volte, gli incontri più casuali sono quelli che segnano tappe importanti nella vita. Ho aperto la porta, maledicendo la maniglia traballante, e ho fatto un salto all’indietro nel tempo.

Lo spazio operativo del Laboratorio Museale.

Lo spazio operativo del Laboratorio Museale.

È dal 1750 che l’Antica Tipografia Artistica Arche Scaligere occupa quella stessa bottega: uno spazio angusto, colmo di materiale con secoli di storia alle spalle, di proprietà della famiglia Conte dal 1933 ed elevato ad associazione culturale dal 2006. Lì si tengono laboratori didattico-museali di ogni tipo, destinati a scuole elementari, medie e superiori, ma anche a gruppi e perfino individuali. Le tecniche storiche (litografia, xilografia, tipografia, calcografia) vengono illustrate sotto una collezione di opere d’arte, acqueforti soprattutto, della professoressa Carla Tinazzi Conte.
Sono entrato lì per caso, spinto dalla curiosità, e ne sono uscito da apprendista mastro tipografo, con un invito a visitare l’annesso Museo Conte insieme a una ristretta rosa di colleghi di università.
Venerdì 8 febbraio, alle 10.30 precise, eravamo in cinque a oltrepassare le Arche Scaligere e a bussare alla porta di vetro. Il programma che ci era stato prospettato prometteva un viaggio nel tempo ancora più marcato di quello che ho fatto io, ed è stato subito chiaro non appena siamo entrati.
Dal retro, a cui si accede attraverso una doppia porticina ricavata da due cassetti tipografici, arrivava un clangore metallico che sembrava uscito direttamente da un’altra epoca. Al Museo tutti i macchinari sono funzionanti, e di venerdì viene attivato un gioiello ideato nel 1881 da Ottmar Mergenthaler: la Linotype. È l’inizio della composizione tipografica meccanica: i caratteri vengono digitati singolarmente su una tastiera (completamente diversa da quelle dei nostri computer), e una leva libera la matrice corrispondente; poi, al completamento della riga di testo, tutto viene fuso in unico blocco. Credo di avere passato cinque minuti buoni a rigirarmi tra le mani la riga con il mio nome, accoccolato tra limatura di piombo e beatamente ignaro degli aneddoti storici sull’avvelenamento a cui i linotipisti andavano incontro negli anni: Mussolini, per esempio, passava loro un litro di latte al giorno, per contrastare l’intossicazione.

La tastiera della Linotype.

La tastiera della Linotype.

Una volta composta la nostra riga con il nome, però, bisognava pensare a che uso farne per vedere anche qualche tecnica di stampa; la scelta è caduta su un segnalibro, che ci ha portati a vedere un intero scatolone con tutti i possibili tipi di carta, una raccolta di campionari delle cartiere Fedrigoni. A questo punto era chiaro a tutti: l’indimenticabile Laboratorio di Editoria Applicata che abbiamo seguito all’università trovava il suo complemento ideale all’interno del Museo Conte, vivendo in prima persona tutto ciò che si è solo studiato sui libri.
Ma torniamo alle nostre righe appena uscite dalla Linotype: come si fa a stamparle senza riempire di inchiostro tutto il foglio? Che macchina si usa? Come si impagina? Per me, addestrato solo all’uso di Adobe InDesign, tutti quegli ingranaggi erano affascinanti mostri sconosciuti che avevo visto solo sul libro di scuola.

Alla Linotype.

Alla Linotype.

Impaginazione.

Impaginazione.

Verifica finale.

Verifica finale.

Per prima cosa c’è da conoscere alla perfezione le unità di misura: si ragiona in punti (0,376 mm) e in righe (una riga tipografica conta 12 punti, quindi 4,127 mm). Gli spazi bianchi sul foglio non sono vuoti, ma formati da appositi caratteri tipografici di misure precise. Sapendo questo, ho cominciato a disporre le righe e gli spazi, cosa decisamente difficile se si tiene presente il fatto che non sono quasi capace di contare e che era pur sempre la prima esperienza. Nella disposizione dei vari pezzi ci sono tacche che contrassegnano il centro dello spazio operativo, ma sono semplici punti di riferimento: ci vogliono occhio e precisione.
Una volta stabilita l’impaginazione definitiva, bisogna fissare il blocchetto di testo riempiendo gli spazi vuoti tutto intorno, un po’ come se si stesse costruendo qualcosa con il Meccano; i pezzi devono essere fissi, basta una minima imperfezione per compromettere tutta la stampa… ma anche per renderla unica.
È qui che entra in gioco l’orecchio: con tutte le righe ben salde al loro posto, urge un’ultima precauzione: qualche colpetto di martello su un apposito supporto, per verificare che il rumore prodotto sia sempre lo stesso. Se è così, significa che i blocchetti sono tutti alla stessa altezza: le lettere verranno inchiostrate e stampate in modo ottimale.

Il testo è pronto per essere stampato.

Il testo è pronto per essere stampato.

Ci sarebbe da dilungarsi per ore sulla scelta del colore, che nel nostro caso ha portato a un nobile marroncino rossastro. Inchiostrati i cilindri di stampa, rigorosamente su un macchinario antico, abbiamo ottenuto una tiratura minima dei nostri segnalibri: piccole opere d’arte che, abbellite infine da un nastrino scuro, avrebbero potuto fare la loro splendida figura in un salotto ottocentesco.

A sinistra, un carattere mobile. A destra, una riga della Linotype.

A sinistra, un carattere mobile. A destra, una riga della Linotype.

Ci sarebbe da dilungarsi ancora per molto su questi argomenti e sul resoconto dettagliato di una giornata da mastro tipografo. L’arte della stampa, e della successiva legatoria, è antica e quasi dimenticata, limitata a una produzione di nicchia: basse tirature, altissima qualità e – purtroppo – anche costi elevati.
Una nota di merito e un ringraziamento, a questo proposito, vanno al Museo Conte che ci ha ospitati e istruiti: l’amore per l’arte e la cultura si vede, i costi delle loro visite sono accessibili a tutti, e quando si esce da lì si ha un bagaglio di conoscenze nuovo. È straniante lasciare la Linotype nel laboratorio sul retro, uscire nel vicolo e trovarsi dopo pochi passi catapultati nel cuore turistico e moderno di Verona, ma davvero, vale la pena di prendersi una giornata senza ammennicoli elettronici e regalarsi un tour tra i vividi fantasmi delle origini della moderna editoria.
Più avanti partiranno anche altri laboratori e altre iniziative, dagli aperitivi alle presentazioni di libri. Quindi… alla prossima!

Foto di gruppo!

Foto di gruppo!


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