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Ex gay stringate da "uomo"

Da Allthebeauty

Foto presa da qui

Talune biblioteche oltre ad avere libri hanno anche giornali. La mia in particolare un sacco di giornali: oltre ai quotidiano settimanali, mensili, da vanity fair a Top Girl, a Wired eccetera eccetera. Per non fare torto a nessuno hanno anche una rivista di cucina vegetariana e quella dei testimoni di geova. Aver passato un paio di orette a leggere giornali mi ha portata a capire due cose: una, Wired versione stampata proprio non mi piace. Due, Top Girl è rimasto lo stesso di quando avevo 14 anni io. Tre, ogni tanto vanity Fair fa degli articoli che mi fan rimpiagere l'abbonamento. Giusto ogni tanto, perché comunque bisogna scavare con doviziosa attenzione in mezzo a pagine e pagine di marchette letterarie sul libro del tal personaggio televisivo x che ha scritto un per la casa editrice y sul quell'interessantissimo argomento z (Benedetta Parodi, guarda che casino che hai combinato!).
La scorsa settimana mi sono persa un articolo sugli ex gay. Un articolo molto interessante e toccante, fatto di esperienze di gay che han provato a diventare ex gay e invece, siccome l'omosessualità non è una malattia, ergo non si può curare, gay son rimasti. Quelli che sono rimasti in vita, ovviamente. Perché di terapie riabilitative si può morire. Nulla a che fare con le terapie coercitive all'arancia meccanica, nulla di truculento. Semplicemente, ti suicidi perché non ce la fai proprio più.
Un dato interessante è che tutti, ma dico proprio tutti gli intervistati erano stati spediti dallo psicologo perché presentavano dei comportamenti "non conformi al loro genere". Il solito, you know: bambini che giocano con le bambole e bambine che giocano con le macchinine. Il solito, sommato a genitori ipercattolici ed iperapprensivi = terepie riparative. Una combinazione pericolosa. Cito testuale per rendere l'idea dell'abisso di follia in cui sguazzano questi "riparatori": Nicolosi gli insegnava come comportarsi da eterosessuale, come sembrare un vero uomo.” O anche lo lasciavano da solo in una stanza con due tavoli: da una parte le Barbie e il servizio da thè. Dall'altra le macchinine e le armi. Gli dicevano ora noi ce ne andiamo, ricordati però che sappiamo cosa fai. Noi vediamo, ricordati che sei un maschietto. Gli hanno insegnato la paranoia a cinque anni.
Cambio di scena, dai giornali gratis della biblioteca si passa ai giornali gratis che gente varia sta per buttare. Io li raccatto, li leggo, trovo argomenti utili o meno a questo blog, trovo cose che mi piacciono ed altre che non mi piacciono affatto, trovo l'ennesimo, insipido, inutile editoriale sui vestiti da uomo per le donne che si voglio vestire da uomo mantenendo la loro femminilità, ripenso a questo letto in “farsi un'idea, gay e lesbiche” circa i comportamenti maschili e quelli femminili veicolati dalla società e dalla cultura e non dal dna, eccetera eccetera, accendo la tv, sento Enzo Miccio che urla contro una povera signora “una donna senza gonna non è una vera donna!” cerco di ricordarmi quando è stata l'ultima volta che ho indossato una gonna (non ne ho idea) e mi chiedo, questo fa di me una donna un po' meno donna o una vera lesbica? Non indosso la gonna da un po' per varie ragioni x, però ieri avevo una deliziosa camicia di seta color cipria, vale comunque? Oppure siccome le mie gambe erano coperte e no, non portavo tacchi, ero un po' meno donna? Oppure il rossetto mi salvava in corner? E se mi vesto un po' meno da donna, sarà mica perchè sono lesbica? E se non mi vesto a sufficienza da lesbica, è perchè non sono sufficientemente lesbica? E se sto cercando disperatemente di liberarmi di questo stupido, stupido taglio assimmetrico significa che mi sto ravvedendo e presto vorrò un marito e tanti bambini a cui agitare in faccia gaudente i miei boccoli tutti pari?

A ventisei anni suonati (di cui 5 passati a vestirmi come se fosse Halloweem tutti i giorni) ho deciso che non mi importa. Ho deciso che il reparto uomo spesso ha cose migliori, che il reparto bambini mi entra ancora e quindi perchè non approfittarne, che le "camicie da uomo" pagate due euro in fiera di Sinigallia sono la perfezione in quanto a taglio e proporzioni e che non smetterò di alimentare con scarpe di dubbio gusto il reparto tacchi della mia scarpiera.
L'unica regola aurea è un'affermazione di Kate Lanphear scovata per caso in rete:

that's the thing about fashion: you can use it to hide, but it's only magic when you use it to express who you really are
Ho deciso che quando leggo di look preppy un po' maschile che non rinuncia alla femminilità o di scarpe politicamente scorrette perchè basse e "maschili" (queste eh, non scarponi da montagna) o frasi come è tempo di trasformarci in maschiacci (ma di quelli chic) non devo sentirmi inadeguata. Ma incazzarmi almeno un pochino per la sequela di triti e tritriti luoghi comuni che mi vengono proprinati ogni giorno da "esperti di stile" e "life coach", per il solito, noioso e untile paradigma che viene portato avanti.
E che, se siamo ancora così indietro in Italia, forse è anche un po' colpa di certa editoria. Così, per dire.

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