Un piccolo esercito di capolavori sartoriali, fieri e ordinati in sequenze ritmiche che rispettano razionalmente la cronologia. 27 sculture di luce che declinano e raccontano la poesia e il genio creativo e progettuale di Gianfranco Ferrè, che esemplificano un ventennio del suo talento creativo (1982-2006). Un’emozione che ti toglie il fiato e ti pone immediatamente in un punto di osservazione se pur privilegiato, decisamente molto ribassato.
Venerdì scorso sono stata invitata alla conferenza stampa di presentazione delle mostra organizzata dalla Fondazione Museo del Tessuto di Prato e dalla Fondazione Gianfranco Ferrè e curata da Daniela Degl’Innocenti, ” La camicia bianca secondo me“, dedicata appunto al talento di una delle figure più significative della moda internazionale, il grande “Architetto della Moda“.
La mostra, che ha aperto le porte al pubblico sabato 1 febbraio e che sarà possibile visitare fino al 15 giugno, è lungi dall’offrire una chiave di lettura esclusivamente storicistica del lavoro dello stilista; si propone in realtà di scendere in profondità e di evidenziare attraverso “la camicia bianca“, gli elementi strutturali, funzionali e stilistici che risiedono nella modalità progettuale di questo grande artefice del Made in Italy. L’idea è quella di prendere per mano il visitatore invitandolo ad andare a fondo, oltre la serialità apparente dei capolavori esposti, per scoprire che ognuna di esse si è una vera opera d’arte, dal carattere estremamente contemporaneo. Una mostra che testimonia sia il risultato di un felice incontro e di un’ottima intesa tra due istituzioni apparentemente lontane, sia un gradito impegno congiunto verso lo studio e la valorizzazione culturale del Made in Italy e delle sue straordinarie componenti. Mi permetto di aggiungere che è anche un lodevole modo di trasmettere alle nuove generazioni come niente sia affidato al caso ma in realtà risponda sempre ad una logica ed abbia una precisa connessione con il lavoro, il sacrificio e la progettualità.
Perché proprio la camicia bianca? Perché è senza dubbio il capo icona al quale Ferrè ha liberato affidato sempre i propri intenti creativi, l’elemento di continuità del suo lavoro, presente in tutte le sue sfilate, segno inconfondibile del suo stile, ma soprattutto risultato di una ricerca da parte dello stilista solo apparentemente libera, in realtà severa e epurata da connessioni con la tradizione. La camicia per Ferrè è stata un canone da amare e in quanto tale, da distruggere, per ricomporre ogni volta in forme e geometrie diverse che ritornano all’originale identità. Ogni lavoro, ogni creazione è un vero e proprio progetto, legato da una logica ferrea e rigorosa che traspare anche dai bozzetti e dai disegni originali dell’artista anche essi esposti nella mostra.
Perché 27 camicie? Una pura casualità, derivata da una selezione che ha visto scartare camicie particolarmente importanti, dai tessuti preziosi e ricamati, privilegiando quei capi dai materiali talvolta anche più semplici, nei quali il rapporto volume-materia fosse evidente; sono state scelte camicie che potessero raccontare in modo più chiaro la natura progettuale di Ferrè e offrire un ampio ventaglio delle possibili chiavi di lettura.
La mostra, ambientata negli splendidi spazi espositivi del Museo del Tessuto di Prato, presso la ex fabbrica tessile di Campolmi, vero gioiello di archeologia industriale di ben 8500 mq, riconvertito a contenitore culturale, si sviluppa in un percorso espositivo diversificato. Il cuore della mostra è appunto l’esposizione delle 27 camicie nella sala più grande, ma è possibile ammirare delle insolite e fascinose macroinstallazioni fotografiche (simulazioni x-ray) che offrono una lettura tecnica e poetica nello stesso tempo, mettendo in evidenza texture e stratificazioni. Le meravigliose immagini sono state realizzate dal fotografo fiorentino Leonardo Salvini. Per l’occasione è stato pubblicato anche un libro (edito da Skira), affidato alla direzione artistica di Luca Stoppini, art director di Vogue Italia, che ha reinterpretato le camicie con nuove immagini fotografiche, riportandoci un’aurea di contemporaneità incredibile. Nel volume ci sono anche contributi di personaggi e protagonisti del mondo dello stile, della moda e dell’architettura italiana che hanno raccontato la visione creativa di Gianfranco Ferré. Un lavoro complessivamente “ sofisticato, complicato, ben progettato… che sarebbe piaciuto moltissimo a Gianfranco Ferré” – come ha affermato emozionata Rita Airaghi, direttore della Fondazione G.F.
Ed eccoci infine alle immagini che vi inserisco come su un nastro trasportatore perché vi possano travolgere così come hanno fatto con me, invitandovi però a visitare la mostra dal vivo perché ne vale davvero la pena.
Taffetas, crêpe de chine, organza, raso, tulle, stoffe di seta e di cotone, merletti e ricami meccanici, impunture eseguite a mano, si susseguono in un crescendo di maestria ed equilibrio. Come sculture bagnate dalla luce che ne evidenzia ombre e declinazioni del bianco, si ergono fiere e suggestive.
Un piccolo esercito di capolavori sartoriali… ma ogni camicia è solitaria e parla da sola.
A presto. Sa
♥♥♥Details Pics by Sandra Bacci Per informazioni sugli orari di apertura del Museo e sul calendario degli eventi collaterali alla Mostra, rivolgervi a : Museo del Tessuto di Prato