8 agosto 2013 – Da sempre in Formula 1 si parla di quanto conta il pilota e di quanto conta la macchina. C’è chi dice conta di più uno, c’è chi dice conta più l’altra. Ma una cosa che ha il pilota, la macchina non può e non potrai mai averla: il cuore. E il pilota che più di tutti ha mostrato nella sua carriera di correre col cuore è senza dubbio Nigel Mansell.
All’arrivo in Williams nel 1985, il “mansueto” sfoggia una criniera d’orata, sfodera gli artigli e diventa “il leone d’Inghilterra”. Mansell diventa finalmente quello che tutti noi conosciamo; un pilota che guida col cuore. In 2 occasioni perde il titolo per un soffio. Nel 86 scoppia uno pneumatico nella gara decisiva ad Adelaide e ciao mondiale. Nel 1987 sbatte violentemente a Suzuka, si incrina 2 vertebre e i medici nipponici devono legarlo al letto per impedirli di correre. O nel 1991 quando perde il mondiale della grandissima rimonta su Senna per un dado fissato male nel pit-stop al Gp di Portogallo che Mansell dominava.
Vincerà finalmente l’agognato mondiale di Formula 1 nel 1992 alla sua maniera: dominando. 9 vittorie, 14 pole position, 108 punti e mondiale messo in tasca con 5 gare in anticipo su un totale di 16 prove, record rimasto imbattuto fino all’era Schumacher Ferrari.

Mansell piaceva ai tifosi perchè esaltava nel suo essere guerriero. A Silverstone 1987 fa una finta esterno-interno alla Stowe al compagno Piquet da far saltare in piedi tutta la folla presente sulle gradinate. All’ Hungaroring, che conta pochissimi punti interessanti per i sorpassi, rimonta da 12° a primo, con tanto di sorpasso da urlo a Senna. A Montecarlo 1992 si attacca dietro ancora a Senna facendo sudare al tri-campione del mondo la vittoria nel principato come non mai.
Oltre a Lotus e Williams, anche la Ferrari è stata guidata da Mansell, ma i ricordi non sono buoni. Arrivato con i migliori auspici, ultimo pilota scelto da Enzo Ferrari in persona, se ne và dopo 2 stagioni e tante polemiche interne col team.
Nigel Mansell ha portato sul musetto delle sue Williams il famosissimo numero 5 rosso, facendolo diventare un marchio di fabbrica, una sorta di simbolo delle sue gesta. Per intenderci il “five red” sta alla Williams come il 27 sta alla Ferrari. In sostanza più che 2 numeri sono come le fasce da capitano nel calcio.
In fondo era quello Nigell Mansell: una bandiera, un simbolo, ultimo baluardo dei cavalieri del rischio firmati anni ’80. Se potessimo dare una colonna sonora alla sua guida le daremmo senza dubbio “The final countdown” degli Europe. Un conto alla rovescia mentale nella testa di Mansell per guidare all’attacco, buttare il cuore oltre l’ostacolo. Al diavolo strategie alla Prost, calcoli alla Lauda o perfezionismo alla Senna. Date una macchina a Mansell e lui attacca, sempre, comunque e dovunque. Se l’avversario è davanti bisogna passarlo assolutamente in ogni modo, provandoci in ogni curva, in ogni staccata. Se l’avversario è dietro bisogna “ammazzarlo” psicologicamente con distacchi abissali. Nigel Mansell: L’uomo che era contemporaneamente leone e gazzella.
F1 | Lo chiamavano mansueto: 60 anni di Nigel MansellF1Sport.it - F1 Formula 1 F1 Tecnica F1 News Team Analisi