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F1 | Lo chiamavano mansueto: 60 anni di Nigel Mansell

Da Tony77g @antoniogranato

F1Sport.it

8 agosto 2013 – Da sempre in Formula 1 si parla di quanto conta il pilota e di quanto conta la macchina. C’è chi dice conta di più uno, c’è chi dice conta più l’altra. Ma una cosa che ha il pilota, la macchina non può e non potrai mai averla: il cuore. E il pilota che più di tutti ha mostrato nella sua carriera di correre col cuore è senza dubbio Nigel Mansell.

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Eterno secondo agli esordi con la Lotus, tanto da farsi ribattezzare “il mansueto”, ma il cuore di Nigel Mansell è un cuore puro da corsa fin da subito e anche quando lo sbeffeggiano con questo nomignolo lui ribatte.A Dallas 84 quando dominò la corsa, ma un problema alle gomme lo fece sprofondare in fondo e, colmo della sfiga, la sua Lotus si ferma a pochi metri dal traguardo. Mansell da “mansueto” diede a tutti un assaggio del leone che era quando scese dalla vettura e cercò di arrivare a traguardo a spinta ma stramazzò al suolo, sfinito dalle temperature torride del pomeriggio americano. A Montecarlo, nella gara che portò alla ribalta Senna e Belloff, Mansell fece la pole ma finì contro il rail nel diluvio del Gran Premio mentre era solo al comando.

All’arrivo in Williams nel 1985, il “mansueto” sfoggia una criniera d’orata, sfodera gli artigli e diventa “il leone d’Inghilterra”. Mansell diventa finalmente quello che tutti noi conosciamo; un pilota che guida col cuore. In 2 occasioni perde il titolo per un soffio. Nel 86 scoppia uno pneumatico nella gara decisiva ad Adelaide e ciao mondiale. Nel 1987 sbatte violentemente a Suzuka, si incrina 2 vertebre e i medici nipponici devono legarlo al letto per impedirli di correre. O nel 1991 quando perde il mondiale della grandissima rimonta su Senna per un dado fissato male nel pit-stop al Gp di Portogallo che Mansell dominava.

Vincerà finalmente l’agognato mondiale di Formula 1 nel 1992 alla sua maniera: dominando. 9 vittorie, 14 pole position, 108 punti e mondiale messo in tasca con 5 gare in anticipo su un totale di 16 prove, record rimasto imbattuto fino all’era Schumacher Ferrari.

1986 British Grand Prix
C’è chi lo denigra come Peter Warr (team manager Lotus) quando, agli inizi della sua carriera, va in giro per il paddock a dire “Finchè avrò un buco in mezzo alle chiappe Mansell non vincerà mai un gran premio“. Dovrà trovarsi altri sistemi per espletare i propri bisogni fisiologici. Qualcuno lo teme e non perde occasione per criticarlo come Alboreto: “L’unica cosa intelligente sulla Williams di Mansell sono le sospensioni“, oppure lo teme e non perde occasione per farlo notare come Senna: ” Mansell è l’unico pilota in grado di comparire in entrambi gli specchietti della mia macchina contemporaneamente“. A Silverstone nel 1990 domina le qualifiche e la prima parte di gara prima di eliminarsi da solo alla Stowe; quando il buon Ezio Zermiani le chiede: “Mansell come mai quest’errore?”, e lui:”La prossima volta vai tu a fare la curva e ti faccio io una domanda così scema!“. Aplomb tipico inglese, ma Mansell era Mansell e, nel bene o nel male, faceva parlare di se.

Mansell piaceva ai tifosi perchè esaltava nel suo essere guerriero. A Silverstone 1987 fa una finta esterno-interno alla Stowe al compagno Piquet da far saltare in piedi tutta la folla presente sulle gradinate. All’ Hungaroring, che conta pochissimi punti interessanti per i sorpassi, rimonta da 12° a primo, con tanto di sorpasso da urlo a Senna. A Montecarlo 1992 si attacca dietro ancora a Senna facendo sudare al tri-campione del mondo la vittoria nel principato come non mai.

Oltre a Lotus e Williams, anche la Ferrari è stata guidata da Mansell, ma i ricordi non sono buoni. Arrivato con i migliori auspici, ultimo pilota scelto da Enzo Ferrari in persona, se ne và dopo 2 stagioni e tante polemiche interne col team.

Nigel Mansell ha portato sul musetto delle sue Williams il famosissimo numero 5 rosso, facendolo diventare un marchio di fabbrica, una sorta di simbolo delle sue gesta. Per intenderci il “five red” sta alla Williams come il 27 sta alla Ferrari. In sostanza più che 2 numeri sono come le fasce da capitano nel calcio.

In fondo era quello Nigell Mansell: una bandiera, un simbolo, ultimo baluardo dei cavalieri del rischio firmati anni ’80. Se potessimo dare una colonna sonora alla sua guida le daremmo senza dubbio “The final countdown” degli Europe. Un conto alla rovescia mentale nella testa di Mansell per guidare all’attacco, buttare il cuore oltre l’ostacolo. Al diavolo strategie alla Prost, calcoli alla Lauda o perfezionismo alla Senna. Date una macchina a Mansell e lui attacca, sempre, comunque e dovunque. Se l’avversario è davanti bisogna passarlo assolutamente in ogni modo, provandoci in ogni curva, in ogni staccata. Se l’avversario è dietro bisogna “ammazzarlo” psicologicamente con distacchi abissali. Nigel Mansell: L’uomo che era contemporaneamente leone e gazzella. 

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