Faccio un colloquio da Prenatal. Mi assumono, figata: sei ore, part time come desideravo io.
Esco dal negozio, che è al centro commerciale Palladio anziché alle Piramidi.
Mi ritrovo in uno spiazzo, forse un parcheggio, che costeggia un boschetto.
È stato adibito ad ospitare una sagra. Che però deve essere terminata da un pezzo: lucine appese qua e là mezze fulminate, tavoli pieni di stoviglie sporche, poche persone ancora sedute sorseggiano vino rosso.
Decido di sedermi anch'io.
Qualcuno mi chiama, lo raggiungo.
Torno al mio pezzetto di panca e scopro che mi hanno rubato la borsa. È la mia borsa rossa piccola, estiva. Giustamente, le sagre mica si fanno in inverno.
Ho il telefono nella tasca sinistra della giacca e le chiavi dell'auto in quella destra: meno male, almeno potrò tornare a casa.
Ricevo una telefonata. È una voce di giovane donna che mi parla con accento slavo (mentre lei che non capiva disse bravo, ma non devo pensare alle canzoni adesso), mi dice che è stata lei a prendere la borsa e si scusa. Dice che me la farà ritrovare sulla panca.
Come abbia trovato il mio numero di telefono non si sa.
Torno alla panca una prima volta e non c'è un bel niente.
La ragazza mi richiama, torno a guardare e trovo la borsa.
Al suo interno trovo due paia di scarpe che non mi appartengono.
E solo ora realizzo che è il caso di chiamare il numero della banca per bloccare la carta di credito, la questura per i documenti e così via.
Quello che nessuno potrà restituirmi sono i bigliettini del MioAmore e gli altri ricordini che conservo nel portafoglio, e mi viene da piangere.
Stanotte ho dormito due ore, e sono state angustiate da questi inconsci pensieri angoscianti.
Quando al risveglio ho scorto la mia borsa sul comò ne sono stata piuttosto felice!
Buon inizio di settimana.