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Facebook, Twitter e social network: comunicazione da limitare. Parola di David Cameron

Creato il 12 agosto 2011 da Yellowflate @yellowflate

facebook vietato in ukInghilterra, una settimana di fine estate da “fuoco”, la rivolta si è sviluppata sui BlackBerry, su Facebook e Twitter, ma non solo. Sembra che secondo quanto si legge online i  due social network permettano alla gente di condividere ciò che vuole della propria esistenza, partecipando partecipando ad una sorta di vita mista tra reale e virtuale. La tecnologia poi oggi è diventata mobile quindi facilita la comunicazione.

E’ però pure necessario ricordare che da sempre l’essere umano è comunicativo, se non fosse tale probabilmente oltre ad appartenere al regno animale noi  bipedi faremmo parte di un altro gruppo. Oggi però è pure vero che i social network hanno sviluppato una modalità comunicativa rapida e veloce quando un “soffio”. In un batter di ciglia tutto il mondo sa quello che vogliamo fargli sapere, queste modalità di comunicazione probabilmente hanno cambiato dinamiche dei rapporti tra gli uomini, una cosa è certa, ora che ci sono queste nuove modalità di comunicazione non si può tornare indietro, sarebbe un regresso. Ultimamente diversi passi, siano essi veri o falsi, dell’umanità verso la democrazia sono stati fatti attraverso i social network, la primavera araba (anche se poi risultati concreti non ve ne sono stati), altre rivolte scoppiate qui e là per il pianeta, il tam tam dei fuochi greci ed infine la rivolta britannica viaggia online. Ora però c’è chi parla di limitare l’uso dei mezzi si comunicazione virtuale, e se prima lo hanno fatto e pensato soggetti che il pensiero comune ama definire dittatori (Mubarak, Ben Ali e Gheddafi ndr) ora il pensiero sovviene al britannico David Cameron. Secondo David Cameron:

 

La libera circolazione delle informazioni può essere usata per nobili azioni. Ma anche per azioni malvagie. E quando le persone usano i social media per creare violenza dobbiamo fermarli. Stiamo lavorando con la polizia, i servizi d’intelligence e le aziende per capire se può essere giusto impedire alle persone di comunicare attraverso questi siti e servizi quando sappiamo che stanno preparando violenze, disordini e atti criminali”.

 

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