E’ arrivata anche in Italia la nuova serie Falling Skies, con lo zampino di Steven Spielberg. Stasera sono andate in onda su Fox le prime due puntate delle dieci programmate nella prima stagione.
La storia tratta di un’invasione aliena, tralasciando la fase dell’attacco e facendoci intuire la superiorità tecnologica degli invasori che hanno portato a spazzare via in soli 7-8 mesi ogni resistenza organizzata sulla Terra. Quel che rimane sono sparuti drappelli di militari, che tentano di riorganizzarsi alla buona nel disperato tentativo di resistere ed un giorno passare al contrattacco. Con la fine delle entità statuali e governative così come siamo abituati a conoscerle, è naturale che l’unica realtà organizzata che rimanga sia l’esercito, da sempre un para-Stato difficilmente controllabile anche fuori dalla sci-fi. A questi nuclei di combattenti lentamente vanno ad agglomerarsi i civili, alla ricerca di protezione e guida.
Le premesse non sono originalissime, e film del genere se ne sono visti a bizzeffe. Ahimè a questo si aggiunge un difetto comune alle serie TV e non solo, ossia la smania di imbastire cataclismi universali per poi abdicare all’opportunità di una narrazione altrettanto ambiziosa. Sia in Walking Dead che in Falling Skies, zombie ed alieni rimangono sullo sfondo e potrebbero più o meno intercambiarsi che la trama non ne risentirebbe granchè. Il nocciolo della serie sta nelle relazioni tra i protagonisti, che si trovano in situazioni estreme e cercano in qualche modo di salvare la pellaccia. I mostri stanno sullo sfondo, e per lunghi tratti addirittura scompaiono dalla storyboard. Il perché di questa scelta? La difficoltà di una narrazione che includa le grandi scelte dell’umanità di fronte a cataclismi simili; il ridurre al minimo i costi per gli effetti speciali (che comunque sono di buona fattura quando chiamati in causa); fidelizzare il pubblico ai personaggi, proponendo delle telenovelas del terzo millennio.
Così facendo, è quasi scontato inciampare in characters già visti. Come il professore di storia con piglio da leader illuminato, che nei suoi discorsi infila lezioncine (sempre abbozzate e mai complete) e tutti attorno che sbuffano annoiati; non siamo lontani dall’irreprensibile sceriffo di Walking Dead, eroe ed altruista per definizione. Poi c’è il medico, stavolta donna. Un medico non può mai mancare, ed il Jack di Lost ne è solo uno tra gli ultimi esempi. Il giuramento di Ippocrate sembra donare un’aurea da santità a questi personaggi, mai uno che sacrifichi una vita, che venda un organo, sfrutti la sua posizione o prenda una cantonata. No, loro sono capaci di operare a cuore aperto con un coltellino svizzero mentre intorno c’è il finimondo, e contemporaneamente dispensare ordini e buoni consigli, oltre che flirtare col belloccio di turno. Poi c’è la canaglia, che scommetto prima o poi si redimerà (vero Sawyer?). Poi c’è il bambino biondino uscito dai cioccolatini Kinder. E l’adolescente scapestrato che fa scelte stupide che mettono a repentaglio il gruppo. E poi c’è il capo burbero che però burbero non è ma solo un buono indurito dalle difficili scelte che deve continuamente fare. E poi, e poi, e poi.
Nulla di nuovo sotto il sole, seppure si tratti di una serie che si lascia guardare soprattutto per chi ha interesse per la fantascienza. Intrattenimento più che sufficiente, ma non aspettatevi nulla di originale.
Rudy Basilico Turturro (redattore)