Il cuore della vicenda sta negli accordi del 1996 tra Bernardo Caprotti e i figli: una scrittura privata in cui si stabiliva che le azioni del gruppo erano intestate a Violetta e Giuseppe in via meramente fiduciaria e potevano essere reintestate al padre senza alcun avviso o preavviso, con una semplice comunicazione alla società fiduciaria. In quell’anno Caprotti aveva deciso di procedere a una razionalizzazione del gruppo: con una serie di operazioni, il 92% della holding che controlla Esselunga è diventato di proprietà di Unione Fiduciaria, che aveva ricevuto mandati fiduciari di gestione dai tre figli. Lo scopo era trasmettere ai discendenti buona parte del patrimonio come anticipo sull’eredità. La scrittura privata attribuiva la holding, formalmente intestata a Unione Fiduciaria, in usufrutto al padre e ai figli in proprietà. E così è stato fino al 2011 quando Bernardo Caprotti ha chiuso il contratto fiduciario e ha ripreso il pieno controllo delle azioni di Supermarkets Italiani.
I figli non l’hanno presa bene e hanno avanzato una richiesta di sequestro giudiziario delle azioni, che è stata rigettata. A quel punto il padre è ricorso all’arbitrato, secondo la clausola compromissoria contenuta nelle scritture fiduciarie del 1996. Le tappe successive sono cosa nota. Il collegio arbitrale composto da Pietro Trimarchi, Natalino Irti e Ugo Carnevali ha dichiarato nel 2012 la piena ed esclusiva proprietà di Bernardo Caprotti delle azioni Supermarkets Italiani e la validità, efficacia e legittimità delle istruzioni date a Unione Fiduciaria nel 2011 per ottenere la reintestazione dei titoli. Decisione confermata dalla Corte d’Appello. Ora il Tribunale di Milano respinge l’azione di Violetta e Giuseppe perché quasi tutte le domande poste nei confronti del padre sono già state giudicate davanti agli arbitri e dunque vanno dichiarate improcedibili visto che il lodo non è ancora passato in giudicato ma hanno lo stesso oggetto.
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Il patron di Esselunga Caprotti batte i figli anche in Tribunale – Corriere.it.