Frocio. Finocchio. Busone. Culattone. Checca.
In questo paese di navigatori e poeti i termini con cui si indica l’omosessuale sono numerosi e pittoreschi, con un numero infinito di varianti vernacolari, ma il valore che vi si attribuisce è generalmente denigratorio, quando non di aperto disprezzo, e passa presto ai fatti: l’insulto, il pestaggio. Il machismo dietro a cui la piccola borghesia italiana già in epoca fascista nascondeva la propria inferiorità culturale e l’impotenza di fronte ai grandi movimenti economici e finanziari che ne minacciano perpetuamente i provvisori privilegi, ritorna ogni volta che le situazioni si fanno critiche, o governi risultano improvvidi. La ricerca del capro espiatorio si fissa intorno a chi, segnato da diversità, presenta i caratteri della vittima ideale: l’emigrato, l’omosessuale, il piccolo delinquente, il nomade. Soprattutto quando una classe politica tecnicamente incapace e ignobilmente indifferente alla propria missione di civiltà, vede in queste propensioni “popolari” una valvola di sfogo che è inutile e forse pericoloso cercare di reprimere (in quel caso la classe politica medesima sarebbe costretta a dare ben altre risposte). Così negli ultimi anni si sono moltiplicati gli episodi di xenofobia e di violenza contro gli omosessuali. Lo sanno tutti: le cronache dei giornali ne parlano, i politici esprimono riprovazione, qualcuno aveva pure deciso di dare un segnale forte aggravando le pene per i reati contro la persona che riguardano omosessuali. Sarebbe stato un gesto importante, un segnale forte con cui, per una volta in modo traversale, un’intera classe politica poteva unirsi per una battaglia di civiltà, isolando e stigmatizzando quelle sacche di ignoranza brutale in cui germinano le pulsioni peggiori del corpo sociale. E invece no.
L’attuale maggioranza, blindata in parlamento con i voti prezzolati di transfughi dell’opposizione e gestita da una coppia di leaders in evidente declino biologico e politico, ha preferito arroccarsi intorno al valore che ne ha costituito l’asse propagandistico portante, la demagogia.
Il Berlusconi del “pane e figa per tutti” e il Bossi che “ce l’ha duro” solo perchè è nato nella regione più ricca d’Italia, hanno dato ancora una volta la loro strizzatina d’occhi al ventre molle e alla parte peggiore del paese, scegliendo di ignorare il vero pericolo sociale e di avallare insieme alle altre (evasioni fiscali premiate da condoni, spregio della dignità femminile con l’allestimento di bordelli istituzionali, reiterata delegittimazione della magistratura) anche queste cattive abitudini dell’Italia più ottusa, trincerandosi dietro una formale giustizia distributiva: un aggressione è un’aggressione, dicono, che sia nei confronti di un omo o di un etero, fingendo di ignorare che, quando l’aggredito è tale proprio PERCHE’ omosessuale, andrebbe specificamente protetto in quanto evidentemente oggetto di persecuzione.
Un’altra occasione per pensare e per dire che fanno schifo: anche chi come me aveva disertato le ultime elezioni politiche per la pochezza delle alternative non può che augurarsi la fine di questa ignobile legislatura e di questi puzzolenti capipopolo, avvolti dal fetore della decomposizione. E i primi ad augurarselo dovrebbero essere proprio i “moderati” che finora hanno scelto di esserne rappresentati, a meno che la deriva genetica cui sembriamo condannati ci prepari una successione a base di Piersilvio e Trota più Emanuele Filiberto.
FONTE : http://valterbinaghi.wordpress.com/2011/07/27/fanno-schifo-di-valter-binaghi/