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Fantasie e riflessioni su “La storia del collegio dei bambini poeti (scritta in gruppo) di Raffaele Barone

Creato il 18 marzo 2012 da Raffaelebarone

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Silenziosi e umili davanti   all’infelicità, abbiamo il dovere di condividere la gioia della conoscenza, di combattere con la forza del pensiero la banalità e la noia. (Tobie Nathan)

Ho letto con piacevolezza le storie del collegio dei bambini poeti (scritta in gruppo). Ho associato che quel collegio, nella mia fantasia  e nella realtà, l’ho frequentato anch’io negli anni passati quando ho svolto la funzione di supervisore (in gruppo) degli operatori delle comunità alloggio a cui fa riferimento questa esperienza. I gruppi generano e ri-generano e quando funzionano pro-creano. Mi piace pensare che con questo scritto partecipo ad una storia, lunga nel tempo, di incontri, di emozioni, di elaborazioni trasformative, di riflessioni collettive di nuovi apprendimenti, di nuovi approcci creative alla cura della malattia mentale. Anch’ io mi sono nutrito di ciò  che era preparato e contenuto nell’armadio della dispensa: marmellate, nutella, brioscine, panettoncini, cornetti… e ricordo della  cuoca davvero speciale che si chiamava suor Pappina specialista anche nelle torte dalle forme più strane

Entro subito nel merito della narrazione come metodo efficace di cura per la guarigione.

L’arte della narrazione ha da sempre costituito una componente fondamentale della natura umana. I racconti, le metafore, i miti, le leggende, insieme ai loro parenti stretti, gli aneddoti, le similitudini, le analogie, sono stati usati come mezzi di comunicazione e di insegnamento fin dalla notte dei tempi (Parkin,1998)

Il racconto di storie rappresenta un significativo strumento naturale di riflessione, di apprendimento, di costruzione di senso e di confronto. Le storie possono sviluppare le capacità di comprensione della realtà sia a livello individuale che di gruppo.  Seppure nel tempo si sono modificate le forme e gli stili di comunicazione permane immutata l’efficacia di comunicare informazioni e di consolidare valori culturali facilitando la crescita e sviluppando una maggiore sensibilità sia in chi racconta che in chi ascolta. La forza di una storia risiede proprio nella capacità di motivare, stimolare l’immaginazione e soprattutto di pensare e riflettere sulla propria vita. A livello più superficiale esse assicurano rilassamento, distrazione e possibilità di esercitare capacità mnemoniche dell’individuo. A livello più profondo consentono di affrontare gli aspetti più difficili e complessi dell’esistenza, o offrendo elementi di confronto semplici e positivi, favorendo riflessioni e processi di apprendimento degli individui, dei gruppi e delle organizzazioni. Raccontare storie contribuisce a incrementare l’empowerment dei soggetti e potenziare competenze specifiche (resilienza, flessibilità, ottimismo, umorismo etc. ) Oltre alla narrazione di storie all’interno della quale l’oggetto della narrazione è terzo rispetto a colui che racconta, la pratica narrativa può prevedere un altro tipo di attività: il racconto di sé o meglio il racconto autobiografico. Raccontandoci riusciamo a fare il punto sulla nostra vita, riappropriandoci delle nostre risorse e scoprendone di nuove. Narrarsi è un processo cognitivo attraverso il quale l’individuo struttura in unità temporalmente significative le esperienze , attribuendogli un ordine  e delle relazioni. L’esercizio autobiografico crea emozioni forti e condivise, praticandolo è possibile imparare non tanto a controllore l’emotività, quanto piuttosto a educarla, gestendone gli aspetti spiacevoli e piacevoli, rendendola  utile, facendola diventare occasione di comprensione e di crescita.(Goleman, 1996) Apprendere dalla propria storia è un processo che mobilita capacità di retrospezione, introspezione, attenzione. La metodologia narrativa presenta la “pretesa” di agire sulle dimensioni di senso e significato delle persone e sulle identità delle stesse: si narra cognitivamente ciò che soggettivamente conta; si sceglie e si attribuisce valore alle cose e agli eventi, al proprio lavoro, perché narrarsi è un processo che comporta  la ri-visione e la ri-significazione.

Chiaramente inquadrato in una prospettiva costruttivista, il metodo autobiografico non è basato esclusivamente sul racconto di sé, ma  perché sia veramente efficace, deve essere incentrato proprio sull’introduzione di nuovi elementi narrativi. Ponendo la soggettività al centro del processo tramite il metodo autobiografico, l’individuo è incoraggiato a ridefinire se stesso, il proprio ambiente di vita e di lavoro. Anche se è fortissimo l’accento posto sull’individuo, il processo autobiografico richiede un’assistenza competente che; -faciliti la riflessione di sé,- consenta il flusso organico degli eventi del passato, -sostenga la scoperta di frammenti della propria storia non ancora noti; -consenta la riscoperta e ridefinizione di frammenti noti, -aiuti il soggetto a definire  un progetto individuale che non sia semplicemente il precipitato della propria storia, ma che la superi stabilendo una nuova cornice di senso.

Cosa accade nel nostro cervello quando ascoltiamo una storia? Ascoltare ed essere presi da una storia, fatto che avviene abbastanza facilmente se è raccontata bene ,aiuta a ridurre lo stress e la tensione muscolare e a promuovere sentimenti di benessere e rilassamento. Secondo una ricerca della Pacific Graduate School of Psychologyde della California, analizzando la saliva delle persone che ascoltano una storia  si rilevano dei cambiamenti biochimici durante l’ascolto: il livello di cortisolo (ormone dello stress) diminuisce fortemente e il livello di immunoglobina A aumentano. In particolare, le persone quando sono rilassati risultano  essere più recettive all’apprendimento e  a trattenere le informazioni rilasciate. Così come  le informazioni sono assorbite in modo più veloce ed efficace  in uno stato di  “rilassamento cosciente”, quando il cervello si trova  a livello di frequenza alfa e non come si ipotizzerebbe, al livello di conscio e completamente vigile, livello di frequenza beta.

L’apprendimento avviene pertanto per la maggior parte a livello inconscio e sono le onde cerebrali più lente(specie a livello alfa e theta) che attivano la produzione di benessere e rilassatezza. In tale condizione siamo più recettivi all’apprendimento, ciò accade perché nel momento in cui le nostre menti sono assorbite, il subconscio è libero di assimilare la morale e il messaggio contenuto nel racconto.

Adesso riporto il contributo di un mio paziente in merito a tema dell’arte , del racconto e della guarigione , pubblicato sul mio blog (raffaelebarone.wordpress.com) che mi sembra abbastanza pertinente. Proprio perché tale metodo supera la rigida separazione terapeuta e  paziente. Questa persona ha trovato nell’arte, pittura e racconti, una via verso la sua  guarigione. Il mio compito è stato di riconoscere, valorizzare, incoraggiare, sostenere le sue capacità artistiche e infine anche di esserne fruitore.

Cosi scrive:“Anche la narrazione è un coagulo di diversi sé all’interno di una unica persona, il vero, il falso, l’ideale, il frammentato, il pubblico, il privato. Noi siamo gli altri si potrebbe dire. Narrare di se equivale a dire un processo attraverso cui, fatti, eventi, situazioni rilevanti vengono compresi attraverso la collocazione di una trama di conoscenza in grado di guidare la capacità di capire gli eventi fondamentali della propria vita e influenzare quella futura. D’altronde come l’arte, l’immaginazione, ogni immaginazione prepara all’avvenire (Jung). Questo pensiero narrativo è una forma di pensiero che tra le sue origini fin dall’infanzia nel rapporto con le storie e le idee nel quale il bambino si crea la comprensione del mondo sociale. E come un bambino il paziente dovrebbe attingere alla sua narrazione come storia all’interno di storie per giungere al significato di schemi coerenti messi tutti insieme prima a carattere interpretativo, dopo a carattere intenzionale, per potere finalmente agire nella società, e in fine con una modalità morale che lo avvicini alla verità del suo ideale per essere completo nella sua totalità come individuo. Non è solo una rappresentazione letteraria, una raffigurazione estetica o una modalità di pensiero, ma un vero e proprio ingranaggio cognitivo di consapevolezza verso la via della guarigione e della convivenza con il male di vivere. Quel pianto ontologico che ci portiamo dentro dal primo trauma della nascita. Solo con la pienezza delle rappresentazioni mentali di determinati eventi il paziente si riconnette a ruolo di protagonista all’interno della sua esperienza. Il racconto è cosi una forma di produrre conoscenza, la quale a sua volta, struttura l’esperienza circa il mondo e se stessi, rappresenta una serie di regole che raggruppano ciò che è definito coerente ed accettabile e che solo l’arte dell’estetica ne è l’espressione più autentica, all’interno di una cultura. Come la guarigione sia una esperienza emotivo-correttiva, la narrazione, il racconto sono modi di conseguimento di conoscenza, per strutturare l’esperienza e organizzarci all’azione”.

Adesso provo ad entrare nel nel mondo dei “Bambini Poeti”…………. (per continuare apri documento presente nell’apice)


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