L’ultima imboscata compiuta dalle FARC ai danni di truppe dell’esercito regolare colombiano mette in discussione il processo di pace avviato nel 2012 a L’avana.
Lo scontro a fuoco avvenuto tra i guerriglieri delle FARC e le truppe colombiane, nella notte tra martedì e mercoledì nella provincia di Cauca, ha posto fine alla tregua vigente da marzo tra le due fazioni. Questo è l’ultimo atto di un conflitto in atto da più di 50 anni, i cui effetti sui negoziati cubani sono ancora incerti.
L’imboscata delle Farc nella provincia di Cauca, Colombia
Temistocles Ortega, governatore della regione colombiana di Cauca, nel nord-overst del paese, ha annunciato alla radio locale che un battaglione dell’esercito regolare è caduto in un’imboscata nella notte tra il 14 e il 15 aprile presso il comune di La Esperanza. L’attacco è stato attribuito ai guerriglieri delle FARC, attivi in questa regione montagnosa dell’ovest della Colombia. Il bilancio è di 10 soldati morti e 17 feriti, di cui 4 gravi. L’attacco è arrivato a meno di una settimana dalla decisione del Presidente Juan Manuel Santos di prolungare lo stop ai bombardamenti contro i ribelli, e negli stessi giorni in cui a Cuba sono ripresi i dialoghi di pace tra i due schieramenti.
Il Presidente Juan Manuel Santos. Photo credit: Center for American Progress / Foter / CC BY-ND
A seguito dei fatti, il capo di Stato ha convocato una conferenza stampa presso la base militare di Cali, nel corso della quale ha condannato duramente l’attacco
«Si tratta di un atto spregevole che non può restare impunito e impone un’azione decisa. Ci saranno conseguenze».
Conseguenze che non hanno tardato ad arrivare: Santos ha infatti annunciato di aver ordinato la ripresa dei raid aerei contro le posizioni delle FARC «fino a nuovo ordine». Dal canto loro i rappresentanti della guerriglia ospitati al tavolo dell’Avana hanno respinto ogni responsabilità parlando di un’azione difensiva in risposta agli attacchi dell’esercito attraverso le dichiarazioni di Pastor Alape, membro della delegazione: «Questo è dovuto all’incoerenza del governo, che ordina operazioni militari nel corso di una tregua»
FARC, 50 anni di guerriglia
Le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia – Ejercito del Pueblo (Faerc o Farc-Ep) nascono nel 1964 in risposta all’intensificarsi delle operazioni militari congiunte di Colombia e Stati Uniti contro gli esperimenti di auto organizzazione agraria nelle regioni di Tolima e Huila. Nasce così il gruppo guerrigliero marxista-leninista “bolivariano” più longevo e influente della Colombia, fondato da Manuel Marulanda Vélez detto Tirofijo (tiro preciso) e leader del gruppo fino al 2008, anno della sua morte per infarto nella giungla.
Le Farc hanno fatto della lotta armata, ritenuta l’unico strumento per perseguire il cambiamento e le riforme, il centro della loro azione. Nel 1984, a seguito degli accordi di Uribe, il movimento armato viene ammesso al processo politico grazie all’autorizzazione a formare un movimento politico legale, la Uniòn Patriottica. Il partito ottiene 14 seggi in Parlamento ma viene letteralmente decimato da omicidi politici, compresi quelli dei candidati alla presidenza. Questi fatti convincono i suoi esponenti dell’impossibilità di trovare spazio nella lotta politica legale e dell’opportunità del ritorno alle strategie di guerriglia armata sotto le insegne del Partito Comunista Clandestino Colombiano.
Nel 1998 vengono avviati negoziati di pace nell’area smilitarizzata creata nel centro del paese, noti come Dialoghi del Caguàn. Gli incontri producono un’intesa in 12 punti sulla riforma agraria, nodo alla basa del conflitto, ma vengono interrotti nel 2002. Nello stesso anno, infatti, neo-presidente Pastrana inaugura una nuova e massiccia offensiva militare senza precedenti, mentre prima gli Stati Uniti e poi l’Unione Europea inseriscono le Farc nella black list delle organizzazioni terroristiche. L’azione più eclatante del gruppo è forse il sequestro, il 23 febbraio 2002, della fondatrice del Partido Verde Oxìgeno e candidata alla presidenza Ingrid Betancourt, rilasciata poi nel 2008 in circostanze non del tutto chiare. Le cronache ufficiali parlano di un blitz militare, ma si sospetta che Stati Uniti e Francia abbiano pagato 20 milioni di dollari per il rilascio.
Uomini politici del calibro di Jimmy Carter e Hugo Chavez si spendono per la soluzione del conflitto. Nel 2008 quest’ultimo chiede alla comunità internazionale di riconoscere alle Farc lo status di “forza belligerante” in un conflitto civile come primo passo per rendere possibili accordi di pace e scambi di prigionieri. Ma il 2008 è anche l’anno dello sconfinamento delle truppe colombiane in Equador, per un’azione che porta all’uccisione del portavoce delle Farc Raul Reyes e di altri 18 guerriglieri. L’avvenimento causò una crisi diplomatica tra Colombia, Equador e Venezuela.
Lo stato dell’arte dei colloqui di pace a L’Avana
Nel 2012 sono stati inaugurati a Cuba i negoziati di pace tra le parti sotto la supervisione del paese ospitante e della Norvegia. In rappresentanza del governo di Bogotà sono presenti l’ex vicepresidente colombiano Humberto De La Calle ed ex generali dell’esercito e delle forze di polizia coinvolti nelle operazioni. La delegazione delle FARC è composta dal membro del Segretariado Ivan Marquez e due rappresentati regionali, Pasto Alape e Pablo Catatumbo.
Dall’inizio degli incontri, auspicati dal 72% della popolazione, le Farc hanno proclamato diversi cessate il fuoco unilaterali per dimostrare la propria volontà di giungere ad un accordo, mentre solo a marzo 2015 il governo ha sospeso i bombardamenti.
Entrambe le parti avevano dichiarato che non avrebbero lasciato che gli avvenimenti sul campo condizionassero i negoziati, ma ciò è avvenuto nel novembre dello scorso anno, quando il presidente Santos ha interrotto il processo di pace a causa della cattura del Generale Rubén Darìo Alzàte Mora, avvenuta durante un’operazione militare. Le trattative sono tuttavia riprese quando Pastor Alape in persona è tornato in Colombia per liberarlo.
Il lavoro svolto a L’Avana ha prodotto qualche frutto. Nel maggio 2013 un nuovo accordo sulla riforma agraria porta al riconoscimento bilaterale che la questione della terra è il principale punto di contrasto tra i due fronti. A ciò è seguita, nel novembre 2013, l’apertura alla partecipazione dei ribelli alla vita politica del paese e, nel maggio del 2014, la firma di un documento congiunto sulla lotta alla produzione illegale di droga e al narcotraffico, attività in cui le Farc risulterebbero pesantemente coinvolte e da cui dipende gran parte del loro finanziamento. Infine è notizia dello scorso marzo che governo e guerriglieri starebbero avviando una collaborazione per la rimozione delle mine che le stesse FARC hanno disposto sul territorio, prevalentemente in aree rurali.
Le conseguenze dell’imboscata sul processo di pace
Non sono ancora chiari gli effetti che quanto accaduto nella provincia di Cauca produrrà sugli incontri di pace. Di certo questo ha aperto il dibattito sull’opportunità di una tregua e sull’affidabilità delle Farc, tirando acqua al mulino dell’opposizione al dialogo guidata dall’ex presidente Alvaro Uribe, che ha twittato:
«La pace di Santos è lo sterminio delle forze armate».
Ma anche la strategia di lotta militare, propugnata da Uribe, ha portato risultati poco significativi e devastato un paese. Si calcola che nel 2011 il 20-25% del territorio fosse controllato dalle FARC, che possono contare su 6.000-8.000 effettivi. Il conflitto ha generato 218.307 morti, il 77% dei quali tra i civili e coinvolto circa 7 milioni di colombiani.