Ma che razza di foto è?
Problema: può un bambino malato insegnare? Un bambino di diciamo cinque anni che sa di essere destinato a una morte precoce, perché affetto da una malattia degenerativa, è capace di educare un adulto? Attenzione: non un adulto qualunque. Bensì un assassino?
Soluzione: boh!
La famiglia va in vacanza…
Eppure stavolta ho fatto le cose per bene. Certo, c’è la solita immagine che appare, all’inizio: un padre che nella monovolume carica valigie, trolley e una piccola sedia a rotelle. Si va in vacanza, nella casa di campagna, in un tranquillo paesino dell’entroterra. Dove “Ci si sta bene” (e qui in pochi possono capire il suo nome: ma è, diciamo così, il motto scelto dall’amministrazione comunale). Per due settimane. E poi succede qualcosa.
Ma che cosa?
La faccenda è più complicata di quel che appare. Non c’è soltanto da riflettere su come costruire tutto, questo è ovvio e fa parte del gioco.
Sì, ma a me tocca lavorare!
Perché infatti non c’è solo da rendere bene il bambino, il suo modo di parlare. Ma fare in modo di capire che cosa lui può fare, che cosa può insegnare e soprattutto SE può riuscirci. Perché non è mica detto che riesca nell’intento (anche perché essendo un bambino, non ha nessun intento). Come tutti i bambini fa domande. È curioso. Di fronte a certi fatti, certi discorsi, chiede. Vuole sapere. E poi c’è questo tipo. Come andrà a finire non lo so, per fortuna. Può anche darsi che alla fine non riesca a scrivere questa storia, e che tutto rimanga nel mondo delle idee.
Per questo mi sono reso conto che un cattivo è più facile da rendere, ma non nel senso che pensi tu.
Il cattivo è un tipo mica male
Scommetto che pensi:
“Be’. Il cattivo è uno che fa brutte cose perché ha letto pochi libri! Ha viaggiato poco, e la sua mente, poverino, è chiusa.”
Bubbole.
Attila fece un mucchio di chilometri. In vista di Aquileia però gli si aprirono gli occhi e disse:
“Radetela al suolo.”