Le case farmaceutiche commercializzano farmaci destinati agli animali i cui costi sono ben più elevati degli omologhi destinati agli umani. Il problema è che il veterinario, per legge, non può prescrivere il farmaco 'umano' se ce n'è già uno per cani e gatti. In questo modo i proprietari, scoraggiati dai costi troppo spesso elevati, cercano soluzioni alternative a discapito della salute dei loro amici animali, che possono anche pegare l'errore con la vita. Questa pratica è in uso anche tra gli allevatori di animali da reddito: quelli che poi vengono magiati. Alcuni farmaci dai costi elevati, inoltre, fanno parte di terapie che andrebbero continuate per tutta la vita dell’animale e che non vengono rimborsate dal servizio sanitario nazionale. Un esempio lampante: 50 compresse da 5 milligrammi di un tonico cardiaco a base di benazepril hanno, ad esempio, un costo di circa 8 euro per gli umani e 47 euro in versione veterinaria.Le case farmaceutiche, talvolta le stesse che producono farmaci umani, giustificano il divario di prezzo con la differenza di alcuni eccipienti e nella formulazione più adatta alla somministrazione veterinaria.Giuseppe Diegoli, del Servizio Veterinario della Regione Emilia-Romagna, ha spiegato al Corriere dela Sera che il fenomeno è noto ai servizi di zooprofilassi che cominciano a preoccuparsi: «La tracciabilità dei farmaci veterinari è indispensabile perché è sinonimo di sicurezza alimentare. Ottenere le medicine, in particolare gli antibiotici, attraverso il circuito destinato alla salute umana significa non riuscire a controllare i dati sulla farmaco-resistenza e di conseguenza sulle nuove patologie che si stanno sviluppando tra gli animali, non solo quelli da affezione ma quelli destinati all’alimentazione umana. A questi controlli la Comunità europea sta destinando cifre importanti e se non scoraggiamo questo fenomeno rischiamo di perdere il controllo sui virus che sviluppano resistenze ai farmaci.» A quanto pare il ministero della Salute ad oggi, non ha mai incontrato le case farmaceutiche per cercare una mediazione sui prezzi di farmaci di uso comune, che sono la causa del problema. Non fatichiamo troppo a chiederci perchè.
Magazine I nostri amici animali
Farmaco-vigilanza: le medicine per gli animali costano il triplo di quelle per gli umani. Il Ministero della Salute tace...
Da Mela Verde News
Le case farmaceutiche commercializzano farmaci destinati agli animali i cui costi sono ben più elevati degli omologhi destinati agli umani. Il problema è che il veterinario, per legge, non può prescrivere il farmaco 'umano' se ce n'è già uno per cani e gatti. In questo modo i proprietari, scoraggiati dai costi troppo spesso elevati, cercano soluzioni alternative a discapito della salute dei loro amici animali, che possono anche pegare l'errore con la vita. Questa pratica è in uso anche tra gli allevatori di animali da reddito: quelli che poi vengono magiati. Alcuni farmaci dai costi elevati, inoltre, fanno parte di terapie che andrebbero continuate per tutta la vita dell’animale e che non vengono rimborsate dal servizio sanitario nazionale. Un esempio lampante: 50 compresse da 5 milligrammi di un tonico cardiaco a base di benazepril hanno, ad esempio, un costo di circa 8 euro per gli umani e 47 euro in versione veterinaria.Le case farmaceutiche, talvolta le stesse che producono farmaci umani, giustificano il divario di prezzo con la differenza di alcuni eccipienti e nella formulazione più adatta alla somministrazione veterinaria.Giuseppe Diegoli, del Servizio Veterinario della Regione Emilia-Romagna, ha spiegato al Corriere dela Sera che il fenomeno è noto ai servizi di zooprofilassi che cominciano a preoccuparsi: «La tracciabilità dei farmaci veterinari è indispensabile perché è sinonimo di sicurezza alimentare. Ottenere le medicine, in particolare gli antibiotici, attraverso il circuito destinato alla salute umana significa non riuscire a controllare i dati sulla farmaco-resistenza e di conseguenza sulle nuove patologie che si stanno sviluppando tra gli animali, non solo quelli da affezione ma quelli destinati all’alimentazione umana. A questi controlli la Comunità europea sta destinando cifre importanti e se non scoraggiamo questo fenomeno rischiamo di perdere il controllo sui virus che sviluppano resistenze ai farmaci.» A quanto pare il ministero della Salute ad oggi, non ha mai incontrato le case farmaceutiche per cercare una mediazione sui prezzi di farmaci di uso comune, che sono la causa del problema. Non fatichiamo troppo a chiederci perchè.
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