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Il potere in pillole: parlamentari, ministri e gran commis ben disposti a favorire l’azienda numero uno dei farmaci. Tanto poi paga lo Stato che – stando ai risultati dell’inchiesta – rimborsa le medicine con un prezzo gonfiato grazie a trucchi, lobby e tangenti: negli anni Ottanta c’era il divano imbottito di monete d’oro di Duilio Poggiolini mentre con il nuovo millennio si passa al salotto, quello della defunta Maria Angiolillo dove si poteva incontrare la Roma che conta.
Il cavaliere Alberto Aleotti, 88 anni e fino a due mesi fa patron della Menarini, secondo i pm aveva costruito un sistema di affari che sfruttava tutte le scorciatoie, dalle fatture “lievitate” attraverso passaggi fittizi nei paradisi fiscali fino alla corruzione. Così l’azienda per decenni avrebbe incassato dallo Stato rimborsi per la vendita di farmaci con un tariffario ritoccato per aumento. Escamotage studiati dal grande timoniere della Menarini, prima casa farmaceutica italiana e fra le più importanti al mondo, che solo a settembre ha lasciato la guida alla figlia Lucia.
L’importo totale della truffa allo Stato contestata finora è di 860 milioni di euro, accumulati grazie alla “cresta” su soli sette farmaci blockbuster del catalogo Menarini. Il calcolo sul resto è ancora in corso. Ma già ora la procura di Firenze è convinta di avere le prove per processare Aleotti insieme ai figli Lucia e Giovanni (accusati solo di riciclaggio), e altre 12 persone fra collaboratori della Menarini, manager e avvocati stranieri. Questo comitato avrebbe portato all’estero un tesoro pari a un miliardo e 200 milioni di euro: fondi sequestrati dai pm Luca Turco, Ettore Squillace e Giuseppina Mione.
MENARINI Gli inquirenti credono che il pompaggio dei farmaci sia proseguito per trent’anni, e sarebbe ancora in corso…
Ed ancora:
Ma la famiglia Aleotti per sostenere il prezzo dei suoi prodotti aveva lanciato un’offensiva in grande stile: oltre Berlusconi, Letta, Scajola e Cursi dall’inchiesta emergono anche contatti e pressioni sui ministri Matteoli, Fitto, Sacconi, e la moglie di quest’ultimo Enrica Giorgetti, direttore generale di Farmindustria; sui sottosegretari Salvatore Lauro e Luigi Casero. Pressioni anche su Andrea Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato; Massimo Goti, ex capo dipartimento allo Sviluppo economico; Mario Scino, avvocato dello Stato e coordinatore dell’ufficio legislativo e su Luigi Mastrobuono, capo di gabinetto dello stesso dicastero.
L’indagine conclusa ora però è solo la prima tranche di un’istruttoria destinata ad andare avanti a lungo.