Il 24 aprile 2013 crollava Rana Plaza, il complesso produttivo di Dhakata, in Bangladesh. Morirono più di mille persone e oltre 2mila furono ferite. A un anno di distanza si celebra, in tutto il mondo, il Fashion Revolution Day, un evento globale per ricordare quel disastro, ma anche per contribuire in maniera attiva a un cambiamento sociale e culturale del ruolo della moda.
L’evento drammatico ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica sulla triste realtà comune alla maggior parte dei lavoratori tessili nel sud del mondo, costretti a lavorare in luoghi privi di sicurezza, in condizioni sanitarie pessime e in assenza di un minimo salario. E così designer, ecologisti, giornalisti, commessi dei negozi di abbigliamento e tutti i principali esponenti di una moda etica sostenibile si riuniranno, nella giornata di domani, per sostenere una nuova idea di moda e per dare un nuovo significato all’etichetta.
Già, l’etichetta. Quando facciamo shopping il nostro sguardo si catalizza sul prezzo, ma quanti di noi controllano da dove proviene quel capo super economico? Quasi sempre si tratta di abiti provenienti dall’altro capo del mondo, realizzati in fabbriche con le luci sempre accese in cui gli operai lavorano con orari strazianti per accelerare quel vorticoso processo di fast fashion in cui l’intero mondo è coinvolto. Ma domani, l’etichetta, la label, che un tempo era segno d’identità del brand, sarà visibile a tutti.
Tra i tanti eventi organizzati in Italia e in giro per il mondo, infatti, c’è una particolare iniziativa a cui tutti possono partecipare e che consiste nello scattare un selfie mentre indossiamo un capo al contrario, mostrando l’etichetta. Le foto possono essere condivise sul nostro profilo social usando l’hashtag #insideout. Non resta, dunque, che scegliere la maglietta più bella per contribuire a provare a migliorare la qualità della vita di milioni di persone. E voi, siete pronti alla #fashionselfie dell’anno?
Mara Franzese