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Giorgio Ragucci : "Campi di fragole"
(Copenhagen 1971). L'elenco del telefono conteneva solo nomi di ragazze, ma dopo averla incontrata, non ebbi più voglia di sfogliarlo. C'era un luogo bellissimo da raggiungere, un'isola abitata da pescatori e poeti, da gatti predatori, da uccelli sonori come campane, un'isola senza piazze, monumenti, dove anche i vecchi ritrovano la propria madre, la chiamano Regina delle fate e quando ascoltano la sua voce, s'impone l'antico bisogno d'amore:
-Se mi vedi, mamma, alza il braccio,
se mi perdo, mamma, cercami,
se piango, consolami,
se rido, ridi con me...
Credevo fosse facile trovare quel luogo. In viaggio, a bordo della Volvo rosso fuoco, la ragazza scuote i riccioli biondi. Sigaretta in bocca, occhiali da sole sul naso impertinente, l'aria spazientita, ad osservarla non sembra il fiore che perde il suo colore, giorno dopo giorno. Ingeborg accetta il suo male, non lo maledice, tanto meno, odia chi si diverte a lanciare i dadi a caso nello spazio infinito dell'universo.
Riposiamo in un boschetto di betulle. La ragazza dice che parlo troppo, fa il conto dei miei difetti, le piace criticarmi. Io la lascio dire. Secondo i suoi gusti, dovrei obbedire ai suoi capricci, ballare ogni notte, stringerla forte, amarla d'istinto, quando e come vuole. La sua rabbia non è la gomma che cancella sillabe d'ansia, una droga che rilassa i nervi e scioglie il cuore. Il dolore è la sentinella di giorni sempre più brevi. Capita, a volte, che mi stuzzichi un pò troppo, allora, mi alzo di scatto, mi allontano... come quella volta che ero uscito dalla finestra senza salutarla... è vero, proprio dalla finestra ero uscito, perché nella casa dal tetto di paglia con vista sul cortile e sulla stalla, porte e finestre si confondevano, quando, oltre lo steccato, campi gialli e verdi si rincorrevano lungo colline vagabonde e sensuali. D'altronde, così si annuncia l'estate da queste parti, illuminando case basse dai muri bianchi rigati di nero tra contadini, donne e bambini, gnomi, fatine bionde ed oche ciarliere. Allora, credevo fosse vero quello che mi diceva della sua gente, cose strane, ataviche leggende. Non pensavo scherzasse quando mi chiese, quella sera d'estate:
-Hai mai visto un'ondina ballare con un centauro?
Si mette a ridere, è fatta così, diversa da me come qualsiasi donna da qualsiasi uomo. In queste occasioni ha l'abitudine di colpirmi con pugni leggeri, si diverte a pensare che le do sempre ragione... è vero, faccio apposta a dirle sempre di sì, forse per equilibrare una situazione già di per sé precaria anche a causa del suo ex marito, un tipo stupido, alto e magro che suona la chitarra celtica, beve Gin fatto in casa, fuma le Camel, s'ingozza di cetrioli, tira di boxe, fracassa un tavolo, lancia i piatti di cucina, la ferisce alla testa, da fuoco al campo di prugne, urla ai quattro venti la sua pazzia.
In ogni modo, la valigia era pronta dietro la porta. Ingeborg non si è più fatta vedere. La trovo, per caso, in piazza del municipio in mezzo al solito giro di turisti che prendono il sole tra colombi petulanti e gabbiani che non perdono mai di vista il mare. La vita, quassù, consuma rapidi orizzonti estivi. I turisti osservano il ponte che solleva la strada invitando al passaggio la barca a vapore, leggono sul Politiken le ultime notizie del re Federico che è andato a scavare tombe in Egitto insieme all'amico Gustavo Adolfo, di quante visite ha avuto la Sirenetta nell'ultimo mese, le previsioni del tempo, la pubblicità del coniglietto più bianco del bianco... ma quando l'accompagno all'ospedale, cala il sipario. Il medico parla del suo sangue guasto come di un giudice che ha emesso la sua atroce sentenza.
Una breve gita ad Helsinghør. Sulla spiaggia, di fronte ai dubbi di Amleto raccogliamo conchiglie e pensieri sparsi. Osservo un filo d'erba tra i sassi: è più forte della sua esistenza. Al castello hanno organizzato una festa. Bambini indossano costumi di carta, un cane rincorre il gatto fino al bastione più alto, c'è pure la banda che intona una marcia solenne, trombe in finanziera di lusso in fila per due raggiungono il ponte levatoio. Quasi non visto, si avvicina un tipo barbuto con papillon viola, si presenta come professore di storia e ci racconta:
-Sono stato in Tibet, ho scelto il vuoto mentale ed ora sto bene. Voi non lo sapete, ma l'Europa è in agonia. Beati i Vichinghi, padroni del mare che vivevano in città incastonate nei fiordi, in grotte mute, luogo prediletto di fauni maculati.
Non so niente di queste storie. Ho conosciuto questo paese sulla rotta di gabbiani affamati. Alti e leggeri sono i ponti che si destano all'alba quando, sottovento, scivolano vascelli lungo canali d'erba fitta. Questo è un paese dove la pioggia si annuncia stizzosa, profumata di un piacere inconsolabile e cupo, un paese, dove le navi si raccolgono intorno ad una corona, dove il mare si confessa corteggiando lo scoglio; questo è un paese dove ascolto la sua preghiera accorata:
...vieni a consolarmi, Gesù...
... nella sua voce il verso di Lutero ha la dolcezza di una corona di flauti. Mi torna in mente la forza della donna, come gli uomini sono ciechi in amore, vanno all'assalto di una fortezza, così alte le palizzate da essere sconfitti in partenza.
Sull'isola c'è un lungo viale di platani che prende la rincorsa dal mare e si inoltra nel parco. Una carrozza tirata da cavalli bianchi, preceduta da un branco di cani dalmati, si ferma. Scendono il conte, la cantante, il barbiere. Noi che stiamo a guardare, vorremmo che scendesse anche il mago al quale chiedere una rapida metamorfosi. Tornare a quel tempo. Inventare una nuova storia, una nuova esistenza insieme. Essere felici e non pensare alla morte.
Raggiungiamo la scuola. La sua migliore amica lavora come custode. Si attraversa la palestra, si raggiunge la stanza degli ospiti. Finiamo a letto a fissare il soffitto. Il medico viene ogni giorno in bicicletta, la borsa di pelle scura, le mani pelose, le sue istruzioni minuziose. Che differenza c'è tra un giorno in più, un giorno in meno? Dopo di lei il sole visiterà ancora questa parete, questo letto senza di lei e sarà un altro giorno come tanti altri.
C'è una storia che ama in particolare, quella tra Robert e Clara Schumann, un amore romantico, il loro incontro in biblioteca, le passeggiate lungo il fiume, gli abbracci nei vicoli della città universitaria, il pianoforte.
Ma, ormai il libro è all'ultima pagina. La sua tomba si trova accanto a quella del padre. Non è un cimitero, è un giardino disseminato di lapidi. Ciò che avverto nella sua breve storia è una spina nel cuore, la suprema leggerezza di un fiore, del nostro essere vano. Anche da una pietra tra l'erba, dove il tulipano all'edera si sposa, può nascere la mesta armonia di un preludio spezzato.
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