1974: Fatti di gente perbene di Mauro Bolognini
Premiato nel 1975 come miglior film con il David di Donatello, al 44° posto nella classifica dei 100 maggiori incassi della stagione 1974-75.
Accusato sovente di «calligrafismo» Mauro Bolognini è stato, tra gli anni Sessanta e Settanta, uno dei più prolifici e interessanti registi della nostra cinematografia e ci ha regalato opere di livello superiore come l’ottimo Metello (con uno straordinario Massimo Ranieri). Tra i suoi film più riusciti è da annoverare senz’altro questo Fatti di gente perbene, tipico esponente di un tempo in cui il cinema era «cinema» e non quel «baraccone da luna park» che oggi, sempre più spesso, rischia di diventare. La fonte è una storia vera, il processo a Tullio Murri, figlio del celebre clinico Augusto, accusato -con l’istigazione della sorella Linda- di aver ucciso il cognato, complici un suo amico (Pio Naldi), l’amante di Linda (Carlo Secchi), la governante (Rosina Bonetti) –(1)-: “fu un caso, quello dei Murri, che, al di là dello stabilire fatti e responsabilità in un assassinio, mise sotto accusa la libertà intellettuale di uno scienziato e il rifiuto di adeguarsi, tanto nella vita pubblica quanto in quella privata, al tradizionalismo della morente società ottocentesca” (Antonella Beccaria). Bolognini ha il doppio merito di offrirci uno stupendo e sincero affresco d’epoca, con le sue luci e le sue ombre (decisa l’accusa alle manipolazioni operate dai mass-media e dagli ambienti clericali), e un’analisi convincente di psicologie, ritratte acutamente nella loro ambiguità e quindi profondamente umane e credibili. Aiutato in questo da un cast tecnico superiore a qualsiasi elogio (per la fotografia Ennio Guarnieri, per la scenografia Guido Josia, per i costumi Gabriella Pescucci… impossibile dire chi abbia lavorato meglio: una vera e propria gioia per gli occhi) e da uno stuolo di attori che gareggiano in bravura e che vanno tutti citati (Giancarlo Giannini, Catherine Deneuve, Fernando Rey, Rina Morelli, Tina Aumont, Corrado Pani, Paolo Bonacelli, Marcel Bozzuffi, Laura Betti, Ettore Manni, Lino Troisi, Giacomo Rossi Stuart).
p.s.
-Esordio di Kim Rossi Stuart (bambino di soli cinque anni, al fianco del padre Giacomo) e di Monica Scattini (otto anni, figlia del produttore Luigi).
-Il David di Donatello fu vinto ex aequo con Gruppo di famiglia in un interno di Luchino Visconti
note
-(1)- Interessante quanto scriveva Repubblica 11 marzo 2003: “Dopo 100 anni e 6 mesi, una nuova verità si affaccia sul delitto Murri. A raccontarla è Gianna Murri, la figlia di Tullio, ritenuto l’ omicida del Conte Bonmartini, marito della sorella Linda, e per questo condannato nel 1905 a 30 anni di reclusione… Nelle 140 pagine del suo «La verità sulla mia famiglia e sul delitto Murri», uscito qualche giorno fa nelle librerie per i tipi della Pendragon (14 euro), Gianna Murri però affronta solo lateralmente gli aspetti processuali e l’ incandescente dibattito politico-giudiziario che si scatenò attorno alla vicenda (il primo vero grande «processo spettacolo»), concentrandosi ‘amorevolmente’ soprattutto nella riabilitazione del genitore, Tullio – singolare reo confesso, accusato da suo padre, nonché nonno di Gianna, il professor Augusto -, svelando inediti e sconosciuti particolari sull’ omicidio non prima d’ aver affrescato con lunghi, interessanti e dolorosi paragrafi le relazioni dei propri familiari. A uccidere il conte Bonmartini (ormai ai ferri corti con a moglie Linda Murri), secondo la ricostruzione fatta nel libro, non sarebbe stato Tullio Murri, ma un facchino, un certo La Bella o Labella, soprannominato ‘il biondino’ , l’ amante della governante di Linda…”. Ricordiamo che nel 1906 Linda Murri ottenne la grazia e il ricongiungimento con i figli su richiesta dei suoi avvocati. Nel frattempo Secchi era morto in carcere per una polmonite. Rosina Bonetti venne ricoverata in manicomio. Tullio Murri uscì graziato, invece, nel 1919 alla fine della guerra. Il presidente del processo si dichiarò favorevole purché la grazia toccasse anche a Pio Naldi, come avvenne.
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