Da tempo, mi impegno nel web con le varie campagne contro il femminicidio e contro la violenza sulle donne (ne menziono una per tutte: NO MORE).
Mi batto come tante di noi, confrontandomi spesso anche con gli uomini, qui nel blog, su facebook e di persona.
E chiedo spesso il “perché” – secondo loro – un uomo può arrivare ad uccidere una donna. Magari proprio la donna con cui quell’uomo ha scelto di vivere per sempre o di condividere comunque una parte della sua vita.
Appunto: come nel caso di Chiara (27 anni) uccisa con due colpi di pistola dal suo compagno, che poi si è ucciso con la stessa arma. Uno dei tanti femminicidi degli ultimi tempi e degli ultimi giorni.
Non so perché mi ha particolarmente colpito il viso di Chiara, in quelle foto con il suo compagno, felici, innamorati, abbracciati stretti. Ma proprio perché ho rispetto di quel viso di donna felice, non ci sto a parlare di “amori malati”, non ci sto a parlare di retroscena di gelosia, non ci sto a fare del facile “giustificazionismo” per dare una veste di umana comprensione a quell’uomo che spara, falciando via la vita di una donna, mia sorella come tutte quelle massacrate.
E allora torno alla domanda posta agli uomini: perché? Mi rispondono spesso (e condannano ovviamente tale linea di pensiero): ”perché la donna è vista come un oggetto da possedere, gestire, una cosa di proprietà”.
Ma noi donne siamo individui, essere umani, menti a se stanti, corpi autonomi e liberi. Come farlo capire?
Care donne, è pur vero che la pubblicità ci strumentalizza, che la cultura patriarcale ci soffoca e manipola, che il potere se ne frega altamente di noi…. Ma non possiamo darci per vinte.
Quindi, iniziamo da noi stesse. Iniziamo con l’educare il compagno, il marito, il figlio, il vicino di casa, il fratello, l’amico, tutto quel mondo maschile che abbiamo intorno, giorno per giorno: non dobbiamo farne passare mezza. Dobbiamo essere ferme nel farci rispettare, sempre e comunque.
Lo so, non è facile. Ma spesso c’è un errore di fondo: manca la nostra consapevolezza, il nostro senso dell’io, la nostra percezione del pericolo e la capacità (o la voglia) di delimitare il nostro spazio di libertà.
Non facciamo entrare nessuno nel nostro spazio personale di libertà: nessuno.
Perché nessuno può o deve gestire la nostra vita: siamo singoli individui, non oggetti.
Ripartiamo da noi stesse. Proviamoci.
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