Se nel nostro zapping esasperato ci imbattiamo in un poliziotto che disegna con il gessetto il perimetro di un cadavere per terra o se assistiamo alla diretta di una irruzione di un gruppo di vigili in una casbah urbana e l'immagine seguente è un tavolo di un ufficio con una montagnola di droga, ebbene non ponetevi nemmeno la domanda: siete sintonizzati su un canale italiano.
Negli ultimi tempi i redattori delle varie scalette sono alla affannosa ricerca di una figura che sta assumendo i contorni della professionalità: il perfetto sconosciuto che indica al cameraman il ballatoio dove è successo l'ultimo delitto. Caratteristiche principali sono la poca dimistichezza con l'italiano e la assoluta estraneità ai fatti. La tipica frase è: “Passavo di lì per caso, quando ho sentito delle grida”.
Ora, la domanda è: il nostro Paese è diventato la patria del delitto in tutte le sue sfaccettature – dalla tragedia greca al melodramma del varesotto -?Siamo campioni mondiali di stupro di massa con annesse insurrezioni di interi rioni?Siamo gli unici depositari della cruenta arte della strage in famiglia?
Oppure i nostri telegiornali si sono prodigiosamente specializzati in noir, con direttori e vice direttori che fanno la scaletta dando priorità assoluta a notizie e immagini orrende?
Il problema è che il nostro giornalismo si ispira sempre meno a Leo Longanesi e sempre di più a Quentin Tarantino. Pur di “fare titolo” non si è esitato a dare la colpa di un naufragio ad un immobile pezzo di roccia (“Concordia, ecco lo scoglio assassino”)
L'unico conforto che mi spinge a guardare ancora i telegiornali, è che nelle redazioni sono certo che si divertono molto.
Almeno loro...