il diciassette passa, traballante e fragile.
come si possa rendere un autobus fragile è una cosa che mi piacerebbe che matteo renzi mi spiegasse, se ha tempo fra una cena ad arcore e una rottamazione: mancano le viti, il nastro che racconta le fermate si è inceppato pochi mesi dopo la sua installazione, lo sporco e i giornali vecchi si accumulano sui sedili, la gente si aggrappa, dondola, si addossa al vicino che a volte sorride a volte no.
il diciassette passa traballante e firenze passa fuori: santa maria novella, la fortezza, piazza bambini di beslan, piazza san marco, orto botanico e via.
davanti alla fortezza un ragazzo cinese si prende la testa fra le mani e, seduto su un piolo di cemento, la ficca fra le gambe, da lontano non capisco se è disperazione, stanchezza, sonno, tristezza, nostalgia, mal di testa o cosa.
sono troppo lontana per capire e non posso fermarmi a chiedere.
sarebbe bello però, poter fermare il diciassette.
“scusi, può fermarsi?”
e tutti scendiamo, per andare a chiedere al ragazzo cinese quale sia il problema.
signore con la cofana bionda, una famiglia indiana, tre rumeni, cinque studenti in ritardo a scuola, una mamma dalle grosse puppore e dal passeggino cingolato, una ragazza che mi parrebbe iraniana dallo sguardo lungo che ha, ed io, tutti che scendono e circondano il ragazzo.
“ciao, tutto bene? hai bisogno di qualcosa? siamo quelli del diciassette e quando ti abbiamo visto disperato siamo venuti a vedere come stavi”.
sarebbe bello, potersi fermare e scendere, ogni tanto, dal diciassette.