Un Nicolas Cage così convincente non lo vedevamo da anni, forse da quando, quattro anni fa, proprio qui alla Mostra di Venezia, venne a presentare Il cattivo tenente di Werner Herzog. Intenso, espressivo, mai sopra le righe, la star hollywoodiana sembra aver scelto, nonostante il film non convinca completamente, il ruolo giusto per rilanciare la sua immagine di attore dopo diverse prove assolutamente dimenticabili.
La storia corale della pellicola, ispirata a un buon romanzo di Larry Brown, ruota intorno alla figura di Joe, ex carcerato che ora vive onestamente disboscando terreni. La sua esistenza solitaria, fatta di serate con in tristi bordelli e bevute al bar, viene però stravolta dall’arrivo Gary, un quindicenne che arriva a chiedergli lavoro per tirare su qualche soldo. La difficile situazione familiare del ragazzo, con un padre alcolizzato, una madre assente e una sorella muta, innesca in Joe un sentimento quasi paterno che lo porta ad affezionarsi. A fare da sfondo, l’America periferica del Texas, quella di piccoli centri fatti di spazi infiniti, case e baracche sperse qua e là, fitti boschi e popolati da prostitute sentimentali e sceriffi dall’animo buono.
David Gordon Green indaga in profondità le psicologie e soprattutto il legame che si instaura tra i due protagonisti. Con una macchina da presa quasi sempre in movimento, tanto incollata ai personaggi, quanto efficace nel fotografare il paesaggio che fa da scenografia al racconto, la regia del giovane autore americano ha il pregio di non perdere mai la bussola del racconto, nonostante le tante e complesse figure di contorno e le diverse strade narrative che percorre. Purtroppo però Joe non arriva mai colpire forte le emozioni così come non sembra mai decollare davvero. Tutto infatti scorre senza intoppi ma il suo percorso narrativo non esce mai dai binari del già visto, perseguendo un’evoluzione della storia che già dall’inizio si sa dove porterà. Funziona l’escalation della violenza, prima covata, strozzata, sotterranea, e poi esplosiva nell’ultima parte, e funzionano anche i personaggi, portati sullo schermo da un cast in grande forma, capeggiato da Cage ed impreziosito dal talento limpido del giovane Tye Sheridan. Tuttavia si ha la netta sensazione che non ci sia niente di nuovo nell’opera, nulla che la renda un prodotto originale e per questo meritevole di lunga memoria. Così Joe rimane solo un nuovo tassello nella filmografia di un regista discreto ed eccentrico che per ora ha solo dimostrato di districarsi dignitosamente in tutti i generi cinematografici. Peccato.
foto Federica De Masi © Oggialcinema.net
di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net