Xavier Dolan è l’enfant prodige del cinema mondiale, il regista giovane più interessante, coraggioso, personale degli ultimi anni. Del suo talento, se ne era accorto subito il Festival di Cannes, che in questi anni ha passato in rassegna i suoi primi tre film, e ora anche la Mostra di Venezia ha puntato forte su di lui presentando in concorso la sua ultima fatica.
Tom à la ferme (Tom nella fattoria) conferma il talento limpido di Dolan, come regista, attore, sceneggiatore, creatore di atmosfere e di universi sonori. Un’opera assolutamente coerente con lo stile espresso nella sua filmografia precedente, sempre costruita sul doppio binario della psicologia e della fisicità, due aspetti che viaggiano paralleli e che si fondono su uno schermo che incornicia i sentimenti dei personaggi in un’estetica imprevedibile, a tratti dolorosa e riflessiva, a tratti ipercinetica.
Il film si presenta come un thriller psicologico dall’impianto melodrammatico dove Dolan struttura in crescendo un’ansia e un’inquietudine visibile, addirittura palpabile, sul volto e i corpi dei due protagonisti, che a volte con leggerezza, a volte con violenza, vivono un contatto costante che si fa immagine concreta del groviglio mentale in cui rimangono incastrati.
I protagonisti di questo incontro scontro sono Tom e Francis. Il primo, un giovane pubblicitario che raggiunge la fattoria dove vivono la madre e il fratello del suo fidanzato morto in un incidente, e il secondo il fratello di quest’ultimo che non vuole rivelare il loro rapporto omosessuale alla madre per non farla soffrire. Ne nasce un rapporto psicologico di costrizione e di dipendenza. Francis obbliga con la violenza Tom a non lasciare la fattoria, a vivere con loro e gli insegna a lavorare con gli animali e tra i due affiora gradualmente un’omosessualità latente e si crea una relazione violenta che chiude in una gabbia mentale Tom, il quale non riesce quasi più a distinguere la sua vita da quella del suo “padrone”.
Dolan ci regala un lavoro tanto efficace in regia, quanto a livello attoriale. Si ha la sensazione che il giovane autore, grazie alla sua presenza costante e fondamentale nella narrazione, riesca a dirigere l’opera dal suo interno, facendo ruotare il racconto intorno alla figura di Tom e a immergerlo nella sua mente. Il risultato è un film che, con rimandi a tanto grande cinema del passato, strozza volutamente le emozioni per tutta la sua durata, includendo anche lo spettatore nella sfida psicologica dei due protagonisti per poi liberarlo in un finale assolutamente catartico.
Presentato al giro di boa del concorso di Venezia 70, Tom à la ferme ambisce seriamente ad un premio importante. Una sua vittoria sarebbe un segnale per tutto il cinema mondiale che raramente sa puntare sui giovani. Dolan ha solo 24 anni. E’ giovane, giovanissimo, ma possiede già la maturità di un autore navigato. Giusto tifare per lui.
foto Federica De Masi © Oggialcinema.net
di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net