Magazine Lavoro
E' la prima tappa del lungo cammino percorso dai sindacati per radicarsi nei luoghi di lavoro, per non essere solo una specie di Ente assistenziale esterno. Un cammino tormentato. L’ultima estrema piroetta, imposta da Sergio Marchionne, cancella ogni forma di rappresentanza eletta e intende espellere da ogni forma di potere contrattuale i discendenti di quella Fiom di cento anni fa. Non saranno i lavoratori a scegliere chi li dovrà rappresentare bensì i segretari di Cisl, Uil, Fismic, Ugl. Con la Fiom costretta ad agire quasi in modo clandestino, senza riconoscimenti, senza sedi, senza risorse.
Torniamo agli esordi. L’esperienza delle Commissioni Interne si estende rapidamente e in forme diverse dalla torinese “Itala” a tutta Italia.Trova un pesante ostacolo: il ventennio. Non bastano le squadracce che incendiano le Camere del lavoro. Il 2 ottobre del 1925 il cosiddetto Patto di palazzo Vidoni, a Roma, stipulato fra la Confindustria e la Confederazione fascista delle corporazioni, pone fine alle Commissioni Interne. Al loro posto nascono i "Fiduciari" ovvero coloro che godono della fiducia del sindacato unico fascista. Non eletti ma nominati. Non per meriti ma per fedeltà ai gerarchi.
Una pausa lunga un Ventennio che non seppellisce la collera operaia. Scoppia nel 1943 con gli scioperi che annunciano la Resistenza. E già il 2 settembre 1943 i sindacati dell'industria con Bruno Buozzi e gli imprenditori con Giuseppe Mazzini (capo della Confindustria) decidono la rinascita degli organismi operai. Alle elezioni partecipano tutti i lavoratori e non solamente gli iscritti al sindacato. Non più fiduciari di partito. Un sistema che prevede la presentazione di liste e il voto segreto, via via modificato attraverso altri accordi nel 1947, nel 1953 e nel 1966. Qui arriviamo a un’altra svolta. I sindacati italiani ritrovano l’unità d’azione e decidono un radicamento molto più esteso nei luoghi di lavoro. La Cisl si disfa di sindacalismi gialli (filo padronali) come il Sida di Arrighi alla Fiat (ironia della sorte oggi gli eredi del Sida, la Fismic, sono alleati di Cisl Uil e Ugl).
Nascono negli anni 60 i “delegati di gruppo omogeneo”, i Consigli di fabbrica. Ricordo i tempestosi capannelli davanti alle porte di Mirafiori con le ragazze e i ragazzi di Lotta Continua che sbeffeggiano il “delegato bidone” e lo contrappongono a cento lire di aumento salariale. La discussione sui consigli coinvolge anche le Confederazioni e le forze politiche, la Dc ma anche il Pci. Molti vivono tale esperienza come una pericolosa avventura estremista. E’, invece, il seme che fa il sindacato italiano più forte e più democratico, capace di grandi conquiste.
E’ un impulso che contamina l’intera società, con il movimento delle donne, il movimento degli studenti. Oggi quegli anni vengono ricordati solo alludendo all’esperienza truce del terrorismo. Mentre proprio il terrorismo rappresentò una barriera posta all’espandersi di una stagione di libertà. Oggi un ministro della Repubblica come Sacconi parla dei nuovi accordi separati alla Fiat come la fine della “nefasta ombra lunga” allungatasi in quegli anni sull’Italia. Mentre un glorioso giornalista come Gianpaolo Pansa ricorda di quella fabbrica di automobili solo le avventure erotiche di qualche operaio nei capannoni.
Conservo i Cd di un operaio di Mirafiori anni 70, Cesare Cosi. Sono documentate le analisi che facevano i militanti sindacali. Indagavano su produzione e produttività: per difendere una preziosa integrità psico-fisica del lavoratore e per partecipare davvero. Vien da chiedersi se davvero alle fortune di un’impresa serve solo una manodopera supina e obbediente, al seguito di nuovi fiduciari.
La stagione dei consigli finisce ad ogni modo, certo, anche per errori del sindacato, fino alla sconfitta del 1980, sempre alla Fiat. Ma il cammino della rappresentanza non si arresta. C’è nel 1991 un tentativo di dar vita ai Cars (se ne occupa Fausto Bertinotti per la Cgil). Nascono invece le Rsu, le rappresentanze sindacali aziendali. Nel 1993 un accordo (contestato da sinistra e fortemente voluto da Bruno Trentin) sancisce tra l’altro, la possibile estensione di tali organismi aziendali. Le Rsu godono, per il pubblico impiego, di una prima legge arrivata nel 1997. Un insieme di regole che ora il ministro Brunetta, precursore di Marchionne, impedisce di rispettare.
Siamo alla fine del cammino. E’ possibile che riprenda un dialogo sulla rappresentanza. Con l’idea di far rientrare in gioco sia la Fiat sia la Fiom. Il rischio è pesante anche per le imprese. Buttare a mare un sistema di regole significa aprire le porte alla guerriglia sociale, al dilatarsi dei Cobas. Forse bisognava pensarci prima. Magari ai tempi di un parlamento (1995) che discuteva, appunto, di una legge sulla rappresentanza, la legge Smuraglia, frettolosamente accantonata anche per le titubanze della sinistra.
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