Una settimana fa il tribunale d’appello obbligava Fiat a reintegrare i 145 operai Fiom mai riassunti a Pomigliano. In questi giorni, denuncia Maurizio Landini in un comunicato Fiom, i capi reparto raccolgono firme in catena di montaggio contro il reintegro. Pubblichiamo sotto l’articolo dell’amico Luca Sappino, per Pubblico. Antonio Di Luca, operaio Fiom di Pomigliano, commenta l’accaduto con questa parole: “Questo è un mondo a parte, che non somiglia a nessun altro, con le sue leggi speciali, i suoi usi, i suoi costumi, le sue abitudini: una casa di morte vivente, una vita come non esiste in nessun altro luogo, e gente che non ha pari. È questo mondo a parte che io mi accingo a descrivere” (Dostoevskij, Memorie dalla casa dei morti).
- ASCOLTA: Il commento dell’Isola su Pomigliano nel format radio de L’Espresso “Comincio Lunedì”-
A Pomigliano il piano sembrerebbe quello più banale e scontanto ma dall’effetto assicurato: divide et impera. E sarà sicuramente anche vero che Sergio Marchionne non l’ha scritta di suo pugno, la lettera che sta girando tra gli operai in catena di montaggio, ma il dubbio che di “spontaneo ” abbia assai poco, non può non assalirti, quando ne leggi il testo.
“A seguito della sentenza di secondo grado che obbliga la Fiat a riassorbire nello stabilimento della Fip di Pomigliano i 145 lavoratori iscritti alla Fiom – si legge – i sottoelencati lavoratori esprimono la loro preoccupazione in merito al fatto che la Fiat debba far uscire dal lavoro persone come noi che da poco hanno ripreso a lavorare, scatenando così una lotta tra poveri”. Si punta alle 2mila firme (cioé all’en plain dei lavoratori della Newco di Pomigliano), per sostenere un appello ai sindacati.
Si dice testualmente che l’obiettivo è scongiurare una “guerra tra poveri”, ma questa, proprio nel momento in cui la si nega, nei fatti è già in atto. «Questa lettera è la prova della debolezza della Fiat – commenta Giorgio Airaudo, responsabile del settore auto della Fiom -, che si spinge fino ad usare la gerarchia della fabbrica per dividere i lavoratori, cercando di rimediare così alla sconfitta giudiziaria e mediatica che ha subito».
Il testo pare infatti sia, stampato in più copie, nelle mani dei team leader, i capi delle singole squadre di operai in catena di montaggio. Non è difficile dunque immaginare il carico di pressione esercitato sui lavoratori, tanto che c’è chi parla di «firme estorte». «I capi Fiat nello stabilimento di Pomigliano – commenta Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom – attraverso l’ennesimo ricatto, stanno chiedendo ai lavoratori di firmare un testo in cui si schierano contro il rientro dei 145 lavoratori della Fiom, come ordinato dalla Corte d’Appello del tribunale di Roma: è atto gravissimo – dice Landini -, una vera e propria lesione dei principi costituzionali del nostro Paese».
La vicenda, insomma, «conferma un comportamento inaccettabile e autoritario della Fiat che – dice sempre Landini – anzichè puntare sul recupero di quote di mercato attraverso investimenti e nuovi modelli, punta a contrapporre i lavoratori. La Fiom chiede, invece, che tutti i dipendenti di Pomigliano tornino al lavoro utilizzando, come già succede negli altri stabilimenti, gli ammortizzatori sociali, a partire dai contratti di solidarietà».
Antonio Di Luca – uno dei 19 operai Fiom dalla cui denuncia è partito il procedimento che ha il suo termine nella sentenza di reintegro – conferma ma rilancia: «Non è neanche vero che la Fiat non potrebbe permettersi i reintegri. Non è vero che la Panda sta andando male, il tema è che, essendo una macchina dal basso valore aggiunto, Marchionne punta a socializzare i costi tenendosi ben stretti i profitti». «Vendiamo quasi 10mila Panda al mese – dice Di Luca -, dare la colpa al mercato è una forzatura evidente». Intanto però l’azienda annuncia altra cassa integrazione. Un po’ forse per facilitare la raccolta firme, e un po’ «perché è questo il modo in cui Marchionne realizza il suo profitto»: quando lo stabilimento ha raggiunto la quota, stop, “tutti a casa”.
Magari a vedere e rivedere il video dell’intervento di Marchionne al Lingotto davanti a quadri e impiegati (ma proiettato poi in tutte le fabbriche) dove spiega che, se la Fiat va male, «è perché c’è chi dice falsità sul nostro conto»
di Luca Sappino @lucasappino | Casa originale dell’articolo su Pubblico
(27 ottobre 2012)